Il dibattito

La protezione della Svizzera vola anche nei cieli

Opportunità anche per il nostro settore industriale di punta,che attualmente sta attraversando una delle peggiori crisi del secondo dopoguerra!

Il prossimo 27 settembre 2020 il popolo svizzero voterà sull'acquisto di nuovi aerei da combattimento. Chi pensa che le minacce contro un Paese siano oggi rappresentate solo dai virus o dalla cyber criminalità, dimentica che gli altri rischi non sono scomparsi ma sono sempre ben presenti e si sommano. Terrorismo, e soprattutto conflitti armati, si sono moltiplicati negli ultimi decenni, magari meno distinguibili tra loro, ma comunque nemmeno tanto lontani dalle nostre frontiere: il conflitto in Siria è a poco meno di 4 ore di volo da Milano; la guerra dei Balcani di 25 anni or sono a circa 3 ore, il conflitto in Ucraina meno di due ore. La crisi del Coronavirus ha del resto dimostrato che la Svizzera deve sempre essere preparata agli scenari più diversi e improbabili. Tra questi, rientra pure la protezione dei nostri cieli che dev’essere impostata su una difesa aerea efficace e funzionante. Escludere a priori una minaccia dall’alto mi sembra peccare d’ingenuità. L’acquisizione di aerei e l'addestramento dei piloti non avviene dall'oggi al domani: se vogliamo essere preparati ad ogni eventualità, e sostituire gli oramai vetusti FA/18 entro il 2030, la Svizzera non può più rimandare la decisione.

I nuovi aerei di combattimento – dal costo di 6 miliardi di franchi, cui si aggiungono 2 miliardi per l’acquisto di un sistema per la difesa terra-aria a lunga gittata - sono un elemento essenziale dei mezzi d'intervento senza i quali non è pensabile la sicurezza del nostro Paese a tutti i livelli. Anche perché il loro impiego è già oggi pressoché quotidiano e svolge importanti funzioni nel servizio di polizia aerea che sorveglia il transito di velivoli nel nostro spazio o li accompagna in caso di problemi. Disporre di una flotta aerea militare al passo coi tempi è altrettanto importante quanto avere un corpo di polizia, i servizi medici, i vigili del fuoco e il resto delle forze armate o la protezione civile. Rinunciare all’acquisto dei nuovi caccia significa ridurre la capacità anche di queste altre forze che vediamo all’opera per garantire la sicurezza della del nostro Paese.

 Ovviamente non è solo la popolazione a beneficiare di questa sicurezza, ma anche l'industria svizzera. Quale imprenditore non posso che salutare la soluzione voluta dalla Consigliera federale Viola Ahmerd, e avvallata dal Parlamento, che ha abbinato l'acquisto di nuovi aerei a relative partecipazioni industriali (offset). In altre parole, le imprese estere cui sono assegnate commesse nel quadro dell’acquisto dovranno compensare il 60 % del valore contrattuale mediante l’assegnazione di commesse ad aziende svizzere, di cui il 20 % mediante offset diretti e il 40 % mediante offset indiretti nei settori tecnologici e industriali rilevanti in materia di sicurezza, come ad esempio l’industria meccanica, metallurgica, elettronica e orologiera. Grazie a questa compensazione la Svizzera può tenere aperta una porta alle PMI in catene di produzione globali sempre più dominate dalle grandi imprese. Questo darà loro la possibilità di vendere i propri prodotti innovativi e affidabili e acquisire conoscenze tecnologiche di punta. Molte PMI svizzere avranno in questo modo la possibilità di stringere partnership commerciali di successo.

Si tratta dunque anche di un’opportunità per il nostro settore industriale di punta, che attualmente sta attraversando una delle peggiori crisi del secondo dopoguerra.

Votando di SÌ, il prossimo 27 settembre, al decreto federale concernente l’acquisto di nuovi aerei da combattimento, oltre a rafforzare la sicurezza del nostro Paese, porteremo una boccata d’ossigeno a un intero tessuto economico in affanno.

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