Il dibattito

Tra parole importanti, strumentalizzate e omesse

No a timore, astio, denunce, segnalazioni. Sì a unità, dialogo, senso di collettività, di responsabilità. Sono la chiave per affrontare questa, come altre, sfide sociali.

Recentemente ho presentato un’interrogazione inerente all’invito rivolto ai ticinesi dal DSS di segnalare i “potenziali” trasgressori delle quarantene al rientro dall’estero. Ho espresso e ribadisco la mia preoccupazione sulle possibili conseguenze di tale richiesta, passibile di trasformare i cittadini in sceriffi; triste realtà in uno Stato totalitario, ipotesi indegna in una democrazia liberale.

Le molte reazioni al mio atto parlamentare mi hanno positivamente sorpreso, perché significa che l’attenzione dedicata alla delicata tematica del funzionamento della democrazia e dei doverosi paletti da porre, è alta. Da un lato chi esprime preoccupazione per il clima sociale che avverte, ringraziandomi per la mia azione politica, dall’altro lato chi, come lei Direttore, ritiene le mie parole esagerate.

Mi permetta di iniziare dal concetto “le parole sono importanti”, da Lei espresso alla fine del suo scritto. Condivido. E non accetto che le mie parole vengano strumentalizzate o omesse. Innanzitutto non ho mai scritto che ci troviamo in uno Stato totalitario e liberticida, come fa credere in più di un passaggio. Sarebbe insensato affermarlo. Infatti Direttore, io ho specificato che sono “le dinamiche” che un invito del genere alimenta - ossia la diffidenza, la diffusione del timore di venir controllati, e, soprattutto,la delega del controllo dallo Stato al cittadino, prerogativa di un regime – a non dover trovare spazio in una democrazia. Il controllo delle norme vigenti è competenza di un’autorità preposta, dotata degli strumenti adeguati. Siamo all’ABC della separazione dei compiti tra cittadinanza e Stato. Un po’ come quando il vostro giornale ha giustamente criticato il fatto che giornalisti della cronaca RSI operavano come civilisti per la comunicazione dello stato maggiore di condotta. C’erano mille distinguo, precisazioni, spiegazioni, poteva sembrare una banalità, ma certe cose non si fanno e basta in una democrazia. Ci sono paletti che non vanno superati.

Riguardo alle parole omesse, mi riferisco invece al fatto che il suo giornale, nella versione online, ha titolato “L’invito a segnalare le violazioni di quarantena è grave”. Non ho mai scritto nulla del genere. È stata omessa una semplice ma importante parola che cambia il senso di tutto il discorso: io ho espressamente deplorato l’invito di un Governo a segnalare altri cittadini e le loro “potenziali” violazioni, non quelle confermate. L’invito è esteso a tutta la popolazione e spalanca la porta della delazione gratuita. Per poche segnalazioni che andranno a buon fine, ci saranno centinaia di cittadini ingiustamente segnalati alle autorità, la cui unica colpa è quella di avere un vicino (a cui magari sta antipatico o di provenienza da un paese estero) che ha fatto il detective da bar o da social. Nel suo commento Direttore, mi permetta, Lei sembra non prendere in considerazione né soppesare sufficientemente questo aspetto. Sembra che esistano solo gli ignoranti (come li definisce Lei) tra i trasgressori, e non anche tra i denuncianti. Il controllo sociale, già molto presente e sintomatico di uno stato di ansia generalizzata, andrebbe placato, non alimentato!

Mi aspetto che il governo inviti i cittadini a dialogare tra loro, ad assumersi la responsabilità delle proprie azioni. A me spaventa una società nella quale il mio vicino o un mio conoscente, invece di informarmi delle regole vigenti o chiedermi spiegazioni in merito a miei comportamenti possibilmente scorretti, si sente autorizzato, anzi incentivato a sporgere denuncia anonimamente. Come parlamentare mi sono quindi sentito in dovere di interrogare il Governo, che da parte sua deve alle cittadine e ai cittadini chiare spiegazioni, per evitare l’arbitrio e proteggere si da un lato la salute pubblica, ma dall’altro anche i diritti della cittadinanza.

Il virus è ancora tra noi ed è giusto tenere alta la guardia. No a timore, astio, denunce, segnalazioni. Sì a unità, dialogo, senso di collettività, di responsabilità. Sono la chiave per affrontare questa, come altre, sfide sociali.

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