Il ricordo

Questo mi ha insegnato Gualtiero

Mi auguro che, mentre ci stavi lasciando, in cuor tuo ci sia stata una piccola traccia del tuo sorriso ironico, e che il brano che hai scelto per accompagnare il tuo passo ti abbia aiutato a non renderlo per niente pesante

Non stai facendo giornalismo se non ci metti la tua profondità. Questo mi ha insegnato Gualtiero, da subito, dal mio primo giorno in radio, nel 91, quando una fortuna immensa mi aveva catapultata nella redazione dove anche lui lavorava. Ci ho messo meno di 5 minuti, per capire che lui sarebbe stato il mio Maestro. Non sapevo ancora che sarebbe stato anche un amico molto caro, lui che non mi chiamava Mirella ma Mirilla. “Mirilla, devi lavorarci ancora un po’ su”, diceva ascoltando le registrazioni che stavo montando. Lezioni di lavoro serio, le sue, maniacalmente accurate, sia che si trattasse di un’intervista lampo, sia per un progetto di documentario. Accadono nella vita anche strane amicizie intense, che sopravvivono cocciutamente seppure a distanza, con i contatti reali ridotti o quasi inesistenti, ma è solo perché la vita di ognuno occupa spazi propri già saturi. Gualtiero era (lasciatemi dire “è”, lasciatemi credere e non credere però fino in fondo che sia accaduto) l’amico al quale si dedicano pensieri d’affetto in contumacia, eppure frequentissimi, accompagnati da un sorriso- la tua ironia Gualtiero quanto mi piaceva!- il sorriso di quando mi affacciavo alla porta del suo ufficio per salutarlo con entusiasmo. Che bello vederti Gualtieroooo! Era sempre una gioia rivedere Gualtiero, soprattutto quando ormai appariva di rado, per le sue trasmissioni serali che solo lui sapeva condurre così bene, così pacato e accogliente e rispettoso del pubblico che gli era affezionato e fedelissimo. Ma come fai Gualtiero? Eh eh…rispondeva sorridendo, come dire si fa perché il contatto con il pubblico implica il rispetto, sempre.

Non stai facendo del buon giornalismo se non ci metti la tua profondità, dicevo che mi ripeteva il Maestro. È davvero questo suo insegnamento, il perno di tutto l’amore che si può coltivare in un mestiere come il nostro. E adesso io vorrei trasmettere in chi legge questo mio saluto la profondità del dolore che mi –e ci- trasmette questo grande amico e collega che ha decido di accomiatarsi dal mondo. Lo spero davvero, perché la profondità è il vuoto che lascia, e che merita per essere un po’ colmato pensieri e rispetto soltanto da una certa profondità in giù.

Gualtiero, io mi auguro che, mentre ci stavi lasciando, in cuor tuo ci sia stata una piccolissima traccia del tuo sorriso ironico, e che il brano di musica classica che hai scelto per accompagnare il tuo passo ti abbia aiutato a non renderlo per niente pesante. E anzi, forse fra i tuoi ultimi pensieri ti sei visto sfilare davanti agli occhi anche tutte le persone che ti hanno voluto bene in radio. E se per caso fra queste c’ero anch’io, so già che mi hai vista sorriderti come quando ti incontravo al quarto piano della radio, ricordandoti a costo di sembrarti ridondante che quello che insegnano i bravi Maestri è qualcosa che non può sbiadire. È però qualcosa che sarebbe doveroso trasmettere anche a chi arriva dopo (fatene buon uso, colleghi e colleghe giovani ed entusiasti). Da parte mia, e di tutti noi di Fatti Vostri un grazie profondo, caro Gualtiero, ti sentiremo vicino ogni volta (le tante volte ancora) che ti penseremo, sforzandoci- ma ci riusciremo- di sorridere.

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