Lettera di una nipote

'Se c'è qualcuno che non meritava questo, era mio nonno'

Ecco cosa avevo scritto anni fa in un testo in cui raccontavo la storia di mio nonno

(Ti-press)
2 aprile 2020
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8.12.2017 / Il sole tramonta ma rinascerà domani!

[…] a questo punto della storia domando di getto a mio nonno se, alla luce di tutto, sia soddisfatto di com’è andata la sua vita. Gérard sorride, mi regala un sorriso spezzato, velato di tristezza «Beh, Fifì, sono ancora qui. Vivere da solo non è ciò che desideravo. Spesso mi tornano in mente i ricordi del passato, specialmente la notte, quando mi corico e inizio a rigirarmi senza sosta nel letto –patapum, patapum–, attanagliato dagli incubi. Ma io non smetto di sperare.». Poi si schiarisce la gola e mi indica la finestra: «si è fatta sera, alza le tapparelle che guardiamo il sole tramontare». Il sole brucia in lontananza, dipinge il cielo con soffici pennellate aranciate, poi scompare, va a morire dietro le cime delle montagne spolverate di neve che accolsero mio nonno e che tuttora lo proteggono. Ma rinascerà domani. Andrà semplicemente a riposare sotto un lembo di firmamento crivellato di astri luminosi, come credevo da bambina. La luna gli darà il cambio, rischiarerà al posto suo la città che dorme. Ha qualcosa di terribilmente inesorabile il terminare di un giorno, ma in questo momento il rossore carico di addii e promesse ci infonde speranza, quella speranza di cui parlava poco prima Gérard. Non c’è bisogno di parole, in silenzio ci siamo capiti.

 ***

30.03.2020 / In realtà non c'è stato nessun tramonto rosso!

Questo avevo scritto anni fa in un testo in cui raccontavo la storia di mio nonno. Ci ho pensato spesso, specialmente a quest’ultima parte, che ho adattato per renderla più impattante, più nostalgica e meravigliosa. Almeno, questo era il mio intento. In realtà non c’è stato nessun tramonto rosso. Il sole è tramontato e la luce trapelava dalle persiane, ma non c’è stato nessun momento cinematografico. Era semplicemente la normalità, quella che ho tentato di camuffare per renderla strabiliante, senza accorgermi che già lo era, senza bisogno d’artifici. Ci ho pensato spesso, in questi ultimi tempi, riflettendo e passando in rassegna gli ultimi ricordi collezionati o quelli che più mi sono cari. E sono tutti momenti quotidiani, che non hanno nulla, apparentemente, di particolare rispetto a tanti altri. Eppure, ora, mi rendo conto che sono quelli i ricordi che realmente porto nel cuore.

Mio nonno quello che...

Mio nonno, quello autentico, che non parla molto ma quando lo fa dice sempre qualcosa di appropriato. Che pur stando zitto si accorge di tutto. Che ha sempre provato a difendere la nostra famiglia e a non arrecarle mai alcun dolore. Mio nonno, quello che –e qui non ho bisogno di alterare la realtà– una volta, quando l’avevo appena riportato in stanza dopo una visita, poi mi sono voltata a salutare prima di allontanarmi lungo il corridoio. E lui era lì che mi sorrideva e mi ha mandato un bacio con la mano. Ci sono attimi che sai, quando li vivi, che ricorderai per sempre, e questo è stato uno di quelli. Mi ricorderò sempre anche di quando ho aperto l’armadio alla ricerca di una maglietta, forse, e ho visto una pila di camice ordinatamente ammonticchiate una sopra l’altra con sotto un biglietto che recitava: Non indossare queste camicie! (sono un ricordo della moglie). Mio nonno ha conservato per più di vent’anni, senza mai più indossarle, delle camice stirategli da mia nonna che tutt’ora capeggiano senza una piega nel suo armadio. Mio nonno, che ora quando lo sentiamo per telefono ci manda baci, stavolta solo schioccando la bocca. Mio nonno che, me lo auguro profondamente, nemmeno ora ha perso la speranza. Lui che, anni fa, mi ha detto che non smette di sperare, nemmeno se il cielo si fa rosso e il sole scompare. Nemmeno se era finzione, nemmeno se siamo lontani e abbiamo paura. Mio nonno, che non sbaglia mai una data, non confonde mai un ricordo. Quello che scuote la testa quando ci bisbiglia sottovoce che in casa anziani sono tutti matti. Quello che, una delle ultime volte che abbiamo potuto fargli visita, si è fatto tagliare i capelli domandando che gli fossero lasciati quelli in cima alla testa, anziché rasarli “così, per cambiare, cosa ne dite?”. Mio nonno, con cui 4 estati fa abbiamo festeggiato il compleanno a casa sua, ancora, con delle pizze d’asporto, tutti insieme. Mio nonno che tutti quelli che hanno avuto la fortuna di conoscere finora hanno adorato. Per la sua purezza, che traspare dal suo sguardo, dal suo sorriso. Per il suo amore incondizionato. Per la lezione d’amore che ha dato a tutti noi. Senza mai la presunzione di saperne di più, senza mai una parola cattiva. Mio nonno, che sì, ne ha passate tante, superando tutto, sempre. Conservando sempre il suo modo di fare, i suoi modi di dire “finché la barca va… si tira avanti”. Mio nonno, che ora sarà solo e impaurito e questo mi spezza il cuore. Lui che, nonostante ciò, ancora pensa a rassicurarci. Mio nonno, che ho sempre creduto invincibile e che non mollerà mai, io lo so. Mio nonno che è sempre il mio primo pensiero alla domanda “chi vorrai vedere quando tutto questo sarà finito, chi vorrai abbracciare?”. Mio nonno che, io lo so, riabbracceremo forte. Perché lui è forte, lo è sempre stato. Mio nonno che non meritava questo e sono arrabbiata, incredibilmente arrabbiata con  
 
il destino, con il mercato umido di Wuhan, con il Governo, nemmeno so più con chi prendermela, perché se c’era qualcuno che non meritava questo male, era mio nonno. Eppure so che lui non vorrebbe questo da noi ora, non ci vorrebbe arrabbiati, ma coraggiosi. Mio nonno che è luce e ci ha insegnato a sperare.

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