Lugano

Fabbricare la povertà

Sempre più spesso si sente parlare di povertà in Svizzera e in particolar modo in Ticino. Politici, associazioni caritatevoli, centri di accoglienza, preti e frati, lo stato stesso con i suoi apparati coercitivi, burocratici e punitivi, si affannano a costruire e a tenere in piedi un discorso sulla povertà che è invece molto distante dai diretti interessati e che si riduce a un monologo.
Il fatto è, che questo numero variabile di poveri e di esclusi è lucidamente prodotto perché funzionale al mantenimento delle diseguaglianze sociali e del sistema che lo genera, ed è volutamente mantenuto in vita proprio dai nostri governanti con delle politiche sociali e del lavoro orientate a questo scopo. Grazie a loro, la fabbrica dei poveri ha sempre più successo: la povertà è in costante aumento se si leggono i dati segnalati dal tutta la stampa proprio alcuni giorni fa. Purtroppo, nemmeno quelli che si occupano direttamente del fenomeno della povertà, hanno interesse a risvegliare la coscienza di chi vive sulla propria pelle questa condizione di deprivazione morale e materiale parlando di stipendi bassi, precariato, sfruttamento dei lavoratori o burnout quando il lavoro c'è.
Si assiste invece, a una continua manipolazione della figura del povero che viene presentato come lavativo, irresponsabile, sfortunato, malato mentale o deviante. Una retorica della povertà fin troppo diffusa, il cui scopo ultimo è quello di affermare una cultura del denaro, del successo e della ricchezza come valore assoluto. Fabbricare i poveri e gli esclusi per nutrirsi di loro, è questa una delle tante facce sporche del neocapitalismo, che riappare continuamente camuffato nei rapporti sociali e che noi vogliamo demistificare.

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