Riconvocato da Macron dopo le dimissioni del primo esecutivo, include volti della società civile e provoca la spaccatura nei Républicains
Di fronte all'opposizione inflessibile dell'estrema destra e dell'estrema sinistra, alla freddezza dei Républicains e dei socialisti, Lecornu aveva considerato chiusa la sua breve e faticosa esperienza. Con pazienza, ha ricominciato, inserendo nella sua nuova creatura annunciata stasera la novità di qualche nome nuovo e di diverse personalità provenienti dalla società civile e non dai partiti. Un po' sulla scia del primo governo voluto da Macron al suo arrivo all'Eliseo, nell'ormai lontano 2017.
Primo risultato, esplosivo, del nuovo governo, la spaccatura e la crisi ormai definitiva dei Républicains. Il partito della destra che fu neogollista, guidato da Bruno Retailleau, aveva annunciato da giorni che i suoi esponenti non sarebbero entrati a far parte del Lecornu 2, spiegando che i "paletti" dei socialisti, soprattutto la sospensione richiesta da quel partito della riforma delle pensioni, avrebbe impedito qualsiasi risanamento delle finanze pubbliche. Stasera, però, ben 6 ministri del partito della destra francese figuravano nella lista del governo Lecornu 2.
Pochi minuti dopo l'annuncio ufficiale della lista, è arrivata la scomunica di Retailleau, che aveva annunciato per primo di non voler essere confermato nel ruolo di ministro dell'Interno. Fra i "reprobi" c'è Rachida Dati, che è stata confermata ministra della Cultura. A sostituire Retailleau agli Interni è stato chiamato non un politico ma un esperto in materia, il prefetto di Parigi Laurent Nuñez. Mentre sono rimasti al loro posto il ministro dell'Economia, Roland Lescure, e la ministra dei Conti pubblici, Amélie de Montchalin.
È sulle loro scrivanie che riposa il documento con la manovra finanziaria 2026, l'oggetto di tutte le polemiche, che verrà presentata martedì, soltanto con qualche ora di ritardo rispetto alla scadenza annunciata di domani. Come Lescure, sono stati confermati i responsabili di altri due ministeri chiave, quello degli Esteri, che vede ancora al comando Jean-Noël Barrot, e quello della Giustizia, con Gérald Darmanin al vertice.
Alla Difesa va la ministra del Lavoro uscente, Catherine Vautrin, mentre il suo posto viene preso da uno dei rappresentanti "della società civile" annunciati da palazzo Matignon, l'ex presidente delle Ferrovie, Jean-Pierre Farandou. Escono Elisabeth Borne dall'Educazione Nazionale, affidata a Édouard Geffray, ex direttore generale dell'Insegnamento scolastico, e Manuel Valls, che lascia il ministero dell'Oltremare a Naima Moutchou, del partito Horizons dell'ex premier Édouard Philippe, ormai in rotta con Macron.
Prima reazione, quella caustica di Mathilde Panot de La France Insoumise: "Non disfate troppo presto i cartoni, la sfiducia sta arrivando". Subito dopo, quella attesa ma ermetica di Olivier Faure, segretario PS: "No comment". I socialisti, gli ecologisti e i centristi dissidenti decideranno sulla fiducia soltanto dopo la dichiarazione di politica generale di Lecornu, che ha dato appuntamento in Assemblée Nationale per martedì prossimo.
Prima, in mattinata, ci sarà il primo Consiglio dei ministri, presieduto da Emmanuel Macron di ritorno dall'Egitto, dove sarà domani a sostenere il processo di pace che ha portato all'accordo fra Israele e Hamas. La giornata di domani sarà dedicata al passaggio di consegne fra il brevissimo governo Lecornu 1 e il nuovo esecutivo. I ministri sono stati invitati a compiere questa cerimonia nella massima "sobrietà" e "senza invitati".