Estero

Palestinesi a Sharm-el-Sheikh puntano ad aumentare i liberati da 250 a 300

Trattativa per uno scambio 'tutti per tutti' con pressioni turche sul veto israeliano e criticità sull'espulsione in Paesi terzi

8 ottobre 2025
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Nell'ambito dei colloqui di Sharm-el-Sheikh per la pace a Gaza, i palestinesi starebbero cercando di massimizzare i risultati della trattativa rispetto alla liberazione dei reciproci ostaggi. Una fonte palestinese di alto livello ha riferito alla testata israeliana Ynet che si starebbe cercando di aumentare la lista dei prigionieri della sua fazione da 250 a 300, creando una situazione di "tutti per tutti".

Secondo il Palestinian Prisoner Club, 303 ergastolani sono detenuti nelle carceri israeliane - alcuni dei quali addirittura da prima degli Accordi di Oslo del 1993 - e quindi non hanno quasi nessuna speranza di essere rilasciati in futuro. "Per questi prigionieri, questa potrebbe essere l'ultima possibilità di essere liberi, e quindi c'è grande speranza tra loro", ha affermato la fonte di alto livello.

La stessa fonte ha riferito a Ynet che, a seguito delle pressioni turche, si è cercato di impedire a Israele di porre il veto sui nomi dei prigionieri proposti per il rilascio e che si è anche cercato di impedirne la deportazione in paesi terzi.

"La cosa più importante è l'effettivo rilascio", ha osservato, aggiungendo che tra i nomi che i palestinesi stanno cercando di includere ci sono anche quelli di prigionieri arabo-israeliani condannati a pesanti pene detentive.

Secondo la fonte, la questione dell'espulsione rimane una delle più delicate nei negoziati. "I prigionieri espulsi vengono di fatto rilasciati, ma incontrano molte difficoltà, soprattutto quelli che si trovano in Egitto", ha affermato. "Non hanno la cittadinanza, non possono muoversi liberamente e l'Egitto rappresenta per loro una tappa intermedia nel loro viaggio verso altri paesi, sia in Europa che in paesi come il Pakistan che accettano prigionieri palestinesi".

L'alto funzionario ha sottolineato che la maggior parte dei prigionieri rilasciati in passato "non sono tornati al terrorismo o alla politica" e che molti di loro vivono attualmente in varie parti del mondo, isolati dalla scena palestinese.