È stato liberato Saber Chouchane, il cittadino tunisino condannato nei giorni scorsi alla pena capitale per alcune pubblicazioni su Facebook ritenute offensive verso il presidente Kaïs Saied e lesive della sicurezza dello Stato.
La notizia del rilascio è stata confermata dal suo legale, Oussama Bouthalja, e rilanciata dalla stampa locale. Restano in corso le procedure di impugnazione della sentenza emessa in primo grado dal tribunale di Nabeul.
Secondo quanto riportato, la liberazione giunge dopo le diffuse critiche espresse da organizzazioni della società civile e da osservatori internazionali, che avevano definito il verdetto senza precedenti nel paese per un caso legato a espressioni online.
La condanna, pronunciata il 1. ottobre dalla camera criminale del tribunale di Nabeul, faceva riferimento a capi d'accusa che includono la diffusione di notizie false contro un pubblico ufficiale, l'oltraggio al capo dello Stato e l'attentato alla forma dello Stato.
Il caso aveva attirato l'attenzione dei media internazionali e riacceso il dibattito interno sulla libertà di espressione e sull'uso delle norme penali e del decreto legge 54 del 2022. In Tunisia, pur permanendo le condanne capitali nei codici, non si registrano esecuzioni dal 1991.
Nel frattempo in Marocco un tribunale ha invece confermato la condanna a 30 mesi di carcere per la femminista Ibtissame Lachgar, accusata di blasfemia: lo ha dichiarato un giornalista dell'AFP presente in aula.
Lachgar, psicologa clinica cinquantenne nota per il suo attivismo per i diritti umani e per i diritti delle donne, era stata arrestata in agosto per aver scatenato una bufera pubblicando online una sua foto con una maglietta con la scritta in arabo "Allah è lesbica", ed è stata condannata in primo grado il mese scorso a 30 mesi di carcere e a una multa di 50'000 dirham (poco meno di 4'400 franchi).
Il suo team di difesa è pronto a presentare nuovamente ricorso contro la sentenza dinnanzi a un tribunale superiore, ha dichiarato uno dei suoi avvocati, Ghizlane Mamouni. Presenteranno anche una richiesta per trasformare la sua condanna in una "pena alternativa", ha aggiunto.
Il post di Lachgar era accompagnato da un testo in cui si affermava che l'Islam era "come qualsiasi ideologia religiosa fascista, fallocratico e misogino". Ha suscitato forti reazioni, con molti che ne chiedevano l'arresto. Lunedì, ha nuovamente dichiarato a un giudice che il messaggio sulla sua maglietta era uno slogan femminista che non aveva nulla a che fare con l'Islam.