Almeno 20 morti in una ressa presso un centro di aiuti. Accuse reciproche tra Hamas e Israele.
Un'ennesima strage di civili senza cibo si è consumata a Gaza, sullo sfondo dello stallo dei negoziati per la tregua. Almeno 20 persone sono rimaste uccise in una ressa nei pressi di un centro di aiuti, ma nel caos della Striscia è sempre difficile individuare i responsabili.
Il controverso ente privato che gestisce la distribuzione ha puntato il dito su "agitatori della folla", mentre la protezione civile che fa capo ad Hamas ha accusato l'esercito israeliano. Da Washington Donald Trump resta impegnato per favorire il cessate il fuoco, tessendo la tela con gli attori regionali come i primi ministri di Qatar e Bahrein.
La versione dell'accaduto fornita dalla Gaza Humanitarian Foundation (Ghf) è che diciannove persone sono state schiacciate e una è stata accoltellata dopo essere state spinte ad una "fuga precipitosa". L'organismo sostenuto da Usa e Israele, che gestisce i siti di smistamento nella Striscia, ha inoltre sostenuto di aver identificato persone armate tra la folla, legate ad Hamas, che "fomentavano disordini".
Al contrario la Difesa civile di Gaza ha denunciato che "migliaia di persone, tra cui donne e bambini, si erano radunate" vicino ad un centro umanitario a sud-ovest di Khan Younis, quando l'esercito "ha aperto il fuoco e lanciato gas lacrimogeni, scatenando il panico, mentre le guardie del centro della Ghf chiudevano i cancelli principali davanti a queste persone affamate".
L'Onu ha stimato che quasi 900 palestinesi sono stati uccisi mentre cercavano di procurarsi cibo da quando la Ghf ha iniziato le operazioni, a fine maggio. Da tempo gli esperti di sicurezza alimentare affermano che con questo nuovo meccanismo di aiuti le morti sono inevitabili.
Perché i centri sono soltanto quattro (rispetto ai 400 punti di distribuzione che erano gestiti dall'Onu) e sono operativi per periodi brevi e a cadenza irregolare, fornendo cibo a migliaia di persone in condizioni disperate. A queste vittime, poi, vanno aggiunte le tante altre provocate dai combattimenti e dai raid dell'esercito israeliano (Idf). Nelle ultime 24 ore, secondo le autorità di Hamas, il bilancio è arrivato ad almeno 94 persone uccise, tra cui 11 bambini.
Sul fronte dei negoziati a Doha, entrati nella seconda settimana, Hamas ha negato i progressi riportati dai media israeliani, accusando il governo Netanyahu di voler mantenere il controllo militare della Striscia. La fazione palestinese insiste sul ritiro completo e nei giorni scorsi ha respinto una proposta che avrebbe mantenuto l'Idf in oltre il 40% dell'enclave.
Israele dal canto suo starebbe rivedendo le mappe della sua ritirata, ma allo stesso tempo ha accusato la controparte di essere "inflessibile". Ed il capo di stato maggiore, il tenente generale Eyal Zamir, ha avvertito che se non si raggiungerà presto un accordo sulla questione degli ostaggi l'esercito "intensificherà ed espanderà" la sua offensiva contro Hamas "il più possibile".
Nel frattempo i qatarini continuano a sostenere che non tutto è perduto e che si sta andando avanti. E proprio il capo del governo dell'emirato, Mohammed bin Abdulrahman al-Thani, è volato a Washington per fare il punto della situazione con Trump. Il presidente americano finora ha continuato a spostare in avanti le lancette dell'orologio: "Spero che la situazione si risolva la prossima settimana", la sua ultima previsione parlando con i giornalisti domenica scorsa.