Estero

Netanyahu rivendica il successo dopo l'attacco all'Iran

Il premier israeliano ottiene il sostegno del Paese, mentre si aprono negoziati per la tregua a Gaza

24 giugno 2025
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Dal presidente Isaac Herzog fino alle ragazze sedute al bar dopo una notte segnata da allarmi senza fine e paura, Israele volta pagina riconoscendo a Benyamin Netanyahu di aver condotto "una delle campagne più gloriose nella storia delle guerre".

Come nel sorprendente commento del capo dell'opposizione israeliana Yair Lapid, nonostante dal 7 ottobre 2023 lo accusi di non agire nell'interesse di Israele e durante la lunga guerra a Gaza di "aver perso l'anima".

Il primo ministro, abilissimo politico di lungo corso, sicuramente negli ultimi 20 mesi ha voluto continuare a mantenere il suo ruolo, nonostante avesse una buona parte del Paese contro. Ma soprattutto non intendeva passare alla storia come il premier che ha distrutto Israele.

L'obiettivo era cambiare la storia, perlomeno quella interna, a suo favore. La decisione di attaccare l'Iran, dopo decenni di guerra ibrida del Mossad, e terrorismo promosso da Teheran dall'altro lato, è stato il colpo, o l'azzardo, che ha lasciato senza fiato il Paese. E pure i leader internazionali, d'accordo o contrari che fossero. Ma non Donald Trump che il piano l'ha ampiamente condiviso.

Oggi Netanyahu, dopo la tregua con la Repubblica islamica proclamata lunedì sera dal presidente degli Stati Uniti (violata da entrambe le parti a ridosso dell'ora x), porta a casa un successo senza precedenti. Che neppure si cura del duro richiamo pubblico di Trump - "non sono contento di Israele" - per le tonnellate di bombe sganciate dall'Iaf sull'Iran poco dopo che l'accordo di tregua era stato concluso.

Netanyahu ha dato un'interpretazione brillante, hanno sottolineato i commentatori in patria, del teso colloquio telefonico con il presidente Usa, portando come sempre acqua al suo mulino: "Nella conversazione il presidente Trump ha espresso il suo immenso apprezzamento per Israele, che ha raggiunto tutti i suoi obiettivi di guerra. Il presidente ha anche espresso la sua fiducia nella stabilità del cessate il fuoco", ha sottolineato l'ufficio del primo ministro in una nota ufficiale. "A seguito del colloquio tra Trump e Netanyahu, Israele si è astenuto da ulteriori attacchi", ha aggiunto.

A fornire il punto di vista di Bibi sulla 'vittoria' contro Teheran ci ha pensato il ministro della Difesa Israel Katz: "Abbiamo avuto il controllo dei cieli iraniani e avremmo potuto continuare, ma fin dall'inizio avevamo stabilito di raggiungere gli obiettivi principali e di concludere da una posizione di forza", ha dichiarato nel pomeriggio davanti alla commissione Esteri della Knesset.

Quanto l'esito della breve guerra abbia effettivamente raggiunto gli obiettivi si saprà tra mesi. Forse anni. Ma di sicuro, per il premier israeliano ora si torna all'altra spinosa questione: la tregua a Gaza e la liberazione degli ostaggi. Il risultato della guerra all'Iran "è storicamente un passo avanti. Spero che questo possa aprire la strada al ritorno a casa dei nostri ostaggi", ha dichiarato Herzog.

E forse i drammatici eventi degli ultimi giorni qualche risultato di riflesso lo stanno ottenendo: "Hamas e Israele condurranno negoziati indiretti per un cessate il fuoco a Gaza nei prossimi due giorni", ha affermato il primo ministro del Qatar Al Thani in una conferenza stampa.

Dalla Striscia in mattinata è arrivato un nuovo bilancio di vittime tra i palestinesi che cercavano di prendere aiuti vicino a un centro di distribuzione. Wafa ha riportato che 20 persone sono state uccise e decine ferite dopo che le forze israeliane hanno aperto il fuoco sui civili in attesa di cibo nel nord-ovest di Rafah.

Successivamente il numero delle vittime è stato aggiornato a 46 morti. Il ministero della Sanità di Hamas ha dichiarato che 79 palestinesi sono stati uccisi e 289 feriti nei raid dell'Idf nelle ultime 24 ore. Il comitato Internazionale della Croce Rossa ha annunciato che uno dei suoi operatori è rimasto ucciso nella Striscia, il quinto dall'inizio della guerra.