Estero

Tensione tra Aiea e Iran sull'accesso all'uranio arricchito

L'Iran minaccia di interrompere la cooperazione con l'Aiea dopo i raid statunitensi sui siti nucleari

23 giugno 2025
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Il programma nucleare iraniano sarebbe stato "messo in ginocchio", i danni inflitti "monumentali". Ma, alle parole trionfali di Donald Trump, l'Agenzia internazionale per l'energia atomica oppone un registro ben più prudente.

I raid condotti dagli Stati Uniti contro i siti di Fordow, Natanz e Isfahan aprono un nuovo capitolo d'incertezza sulla sorte dell'uranio arricchito custodito dalla Repubblica islamica. Pur riconoscendo che i bombardamenti hanno con ogni probabilità inflitto danni "molto significativi" ai tunnel sotterranei nei pressi di Qom, il direttore generale dell'Aiea, Rafael Grossi, ha precisato che la reale portata non è al momento accertabile.

Lanciando poi un appello urgente: Teheran deve consentire l'accesso agli ispettori per verificare lo stato delle scorte sensibili nucleari. In particolare, i 408 chilogrammi di uranio arricchito al 60%, soglia vicina al 90% necessario alla progettazione di ordigni atomici. Pressioni davanti alle quali l'Iran ha scelto la strada della chiusura con un disegno di legge - pronto a essere discusso in Parlamento - per interrompere ogni cooperazione con l'agenzia.

L'ultima ispezione condotta dai tecnici dell'Aiea risale al 10 giugno, pochi giorni prima dell'offensiva di Israele. Da allora, sulle scorte è calato il silenzio. Gli ispettori devono "tornare sul campo per fare un inventario" completo, ha ammonito Grossi durante una riunione d'emergenza a Vienna, riportando un dettaglio che alimenta l'ipotesi che Teheran si attendesse l'attacco: il 13 giugno, alla vigilia dei primi raid dello Stato ebraico, l'Iran aveva notificato all'agenzia l'adozione di "misure speciali" per mettere in sicurezza impianti nucleari e materiali - stoccati in forma di polvere dentro cilindri metallici trasportabili anche su mezzi civili - spostandoli in siti non censiti.

Un'indicazione rafforzata dalle immagini satellitari che mostrano movimenti sospetti nei pressi degli ingressi sotterranei di Fordow nei giorni precedenti all'operazione 'Martello di mezzanotte' degli Stati Uniti. Al punto che lo stesso vicepresidente J.D. Vance - pur rivendicando che il blitz abbia interrotto l'arricchimento verso fini bellici - ha riconosciuto che la sorte di "quel combustibile" sarà al centro del confronto "con gli iraniani nelle prossime settimane".

A breve termine, però, anche il dialogo tra l'Aiea e Teheran rischia di chiudersi. L'Iran minaccia lo stop alla cooperazione con Vienna fino a quando non riceverà "garanzie oggettive sulla condotta professionale" dell'organizzazione, ventilando il possibile allontanamento degli ispettori e la chiusura dei siti chiave in uno scenario che richiama quello nordcoreano.

Un passo che aggraverebbe la frattura già aperta dopo il report dell'agenzia - approvato a larga maggioranza dal Consiglio dei governatori alla vigilia dell'attacco dello Stato ebraico - che denunciava il rapido accumulo di uranio altamente arricchito, la mancanza di trasparenza e l'assenza di risposte su siti non dichiarati. L'Occidente, dal canto suo, resta compatto: una bomba atomica in mano a Teheran - hanno ribadito all'unisono ministri europei e alleati - "rappresenterebbe un pericolo per la sicurezza globale".