A Ginevra incontro cruciale tra ministri europei e Iran per avviare un dialogo, mentre Russia e Cina invocano la tregua
È certamente una corsa contro il tempo. Il rischio è che sia inutile. Nella guerra tra Israele e Iran, dopo gli iniziali tentennamenti, entrano in campo gli europei. A Ginevra i ministri degli Esteri di Gran Bretagna, Francia e Germania (il cosiddetto formato E3), assieme all'alto rappresentante Ue per la Politica Estera Kaja Kallas, avranno un incontro cruciale con il titolare della diplomazia iraniana, Abbas Araghchi.
Si tratterà del primo, vero tavolo alla ricerca di una soluzione negoziata con Teheran. Un incontro che, nel giro di una manciata d'ore e dopo l'apertura di Donald Trump al dialogo, da tentativo disperato potrebbe tramutarsi in apripista per una trattativa tra USA e Iran.
Sin dall'inizio del conflitto l'Europa ha provato a mantenere una posizione di terzietà. Da un lato ha ribadito ad ogni tavolo che l'Iran non deve "mai" avere l'arma nucleare. Dall'altro ha chiesto, anche a Israele, una immediata de-escalation. Niente di tutto ciò è avvenuto. È stato Emmanuel Macron, allora, a lanciare nelle scorse ore una iniziativa ad hoc. La mossa dell'inquilino dell'Eliseo è apparsa subito andare in direzione contraria a quella di Donald Trump (per giunta all'indomani di un G7 ad alta tensione tra i due) e ha confermato come, complice il massacro di Gaza, i rapporti tra Francia e Israele siano ai minimi termini. A Ginevra, venerdì, il team europeo proverà a costruire un ponte con uno dei pochi esponenti dialoganti del regime degli ayatollah. La forza negoziale dell'Europa, rispetto a quella di Washington, è minima. Ma, se davvero si concretizzeranno le prove di dialogo tra USA e Iran, il tavolo di Ginevra potrebbe delineare un contorno, sia pur traballante, della trattativa.
Ad invocare una tregua immediata, nel frattempo, sono i due attori rimasti finora apparentemente in disparte nel conflitto, Russia e Cina. Al termine di un colloquio telefonico con Vladimir Putin il presidente cinese Xi Jinping ha invitato "tutte le parti, in particolare Israele, a cessare le ostilità il prima possibile", ricordando che "la comunità internazionale dovrebbe impegnarsi per calmare la situazione". Lo zar, dal canto suo, ha invitato i duellanti ad arrivare al più presto ad una soluzione negoziata. È questa, del resto, anche la posizione dei Paesi arabi sunniti, preoccupati - proprio come Mosca e Pechino - che l'offensiva americana in Iran possa deteriorare irrimediabilmente la situazione. Portando, ad esempio, alla chiusura di quello stretto di Hormuz che fa da vitale asse del petrolio per tutte le potenze dell'area.
L'incontro di Ginevra, per l'Europa, apre una serie di giornate che saranno segnate dalla crisi in Medio Oriente. Se sull'Iran l'Ue è riuscita a raggruppare i 27 in una posizione omogenea e tutta a favore della de-escalation, sull'altra guerra che riguarda Israele, quella a Gaza, a Bruxelles si rischia lo scontro. Lunedì Kallas presenterà il suo responso sulla revisione dell'accordo di associazione Ue-Israele sulla base dell'articolo 2, che concerne il rispetto del diritto internazionale e umanitario da parte dei contraenti. È chiaro a tutti, a Bruxelles, che la valutazione del Servizio di Azione Esterne sarà negativa. È il passo successivo, tuttavia, a dividere i 27. Una sospensione tout court dell'intesa necessità del via libera unanime, al momento impossibile. Una fronda di Paesi membri punta a rinviare qualsiasi azione ostile nei confronti di Israele. Ma è una fronda che si sta assottigliando. Dall'altra parte sta aumentando la pressione di chi vuole dare un segnale netto a Benjamin Netanyahu. In una lettera indirizzata alla Commissione nove capitali hanno di fatto chiesto il congelamento degli scambi commerciali di beni e servizi legati agli insediamenti israeliani in Cisgiordania. L'intero dossier finirà sul tavolo del Consiglio Affari Esteri di lunedì, con esiti al momento imprevedibili.