Estero

Il G7 raggiunge un compromesso per ottenere la firma di Trump sulla crisi in Medio Oriente

Dopo un lungo negoziato, il presidente USA accetta una dichiarazione che sostiene Israele e critica l'Iran

17 giugno 2025
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Il G7 scende a compromessi per salvare l'unità e strappa la firma di Donald Trump alla dichiarazione del gruppo sulla crisi in Medio Oriente. Ma solo dopo un lungo braccio di ferro risolto durante la cena e la modifica della bozza originaria.

Il presidente americano, secondo le ricostruzioni di media e fonti diplomatiche del vertice, ha inizialmente rifiutato, sostenendo che aveva già espresso la sua posizione e non vedeva ragioni per aggiungere la sua firma.

L'escalation tra Israele e Iran con reciproci raid ha tuttavia reso urgente una risposta collettiva. Determinanti sarebbero state le pressioni del premier canadese Mark Carney, il padrone di casa, e del presidente francese Emmanuel Macron, i due leader tra cui The Donald era seduto in tutti gli eventi della prima giornata.

Anche Giorgia Meloni si sarebbe spesa per coinvolgerlo, insieme al cancelliere tedesco Friedrich Merz. Ma Trump voleva evitare un appello diretto ai due contendenti in una fase in cui la soverchiante potenza di fuoco israeliana può costringere Teheran ad un accordo. O a una "resa incondizionata", come ha chiesto oggi. Il tycoon insomma puntava su "qualcosa di meglio di un cessate il fuoco". Ecco quindi che l'iniziale appello per la de-escalation da entrambe le parti è stato diluito accogliendo inoltre espliciti riferimenti alla sicurezza di Israele e alla minaccia dell'Iran, che ha reagito duramente alle conclusioni del G7.

Una formulazione più gradita a Trump, che alla fine quindi ha ceduto per una combinazione di fattori: l'intensificarsi del conflitto, il pressing diplomatico dei partner europei e canadesi, e un testo che rispondeva alle sue linee rosse, in particolare il sostegno a Israele e la contrarietà al nucleare iraniano.

Ne è uscita una articolata "dichiarazione dei leader G7 sui recenti sviluppi tra Israele e Iran". Nella premessa i sette ribadiscono il loro "impegno per la pace e la stabilità in Medio Oriente" e affermano in questo contesto che "Israele ha il diritto di difendersi", confermando il loro "sostegno alla sicurezza di Israele" ma affermando "anche l'importanza della protezione dei civili": un punto cui gli altri sei partner tenevano molto.

Quindi hanno puntato il dito contro Teheran accusandolo di essere "la principale fonte di instabilità e terrore nella regione" e ricordando di aver sempre "affermato con chiarezza che l'Iran non deve mai ottenere un'arma nucleare". Poi il passaggio chiave, dopo la modifica della formulazione iniziale: "sollecitiamo che la risoluzione della crisi iraniana porti a una più ampia de-escalation delle ostilità in Medio Oriente, compreso un cessate il fuoco a Gaza".

Quindi nessuna richiesta di cessate il fuoco, come volevano inizialmente gli europei. Infine l'assicurazione che "resteremo vigili rispetto alle implicazioni per i mercati energetici internazionali e pronti a coordinarci, anche con partner che condividono i nostri stessi valori, per tutelare la stabilità del mercato". Un primo successo del premier Mark Carney e del coordinamento degli alleati, che hanno tessuto una paziente tela diplomatica, salvando per ora l'unità del gruppo. Ma al prezzo di adeguarsi alla linea di Trump.

L'Iran, dal canto suo, ha condannato - per bocca del portavoce del ministero degli Esteri, Esmail Baghaei - le conclusioni sulla guerra con Israele del G7, accusato di "ignorare la spudorata e illegale aggressione" dello Stato ebraico, nonché "le vittime civili e i danni alle infrastrutture pubbliche" provocate dai suoi attacchi. Baghaei ha poi sollecitato tutti i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza a rispettare "i loro doveri morali e legali", denunciando "una guerra di aggressione non provocata contro l'Iran in violazione della Carta dell'Onu e delle norme sulla tutela degli impianti nucleari".