laR+ l’analisi

La grande rivincita degli 007 israeliani

Dopo lo smacco del 7 ottobre, hanno dimostrato di comporre il mosaico delle informazioni riservate e poi colpire nei cieli del nemico indisturbati

Dopo l’attacco
(Keystone)
14 giugno 2025
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Se quel che è accaduto alle 2 e 18 minuti di venerdì fosse stato il “game over” di un videogioco ci sarebbe stato da complimentarsi per il risultato. Siccome i bersagli colpiti erano veri, ci si preoccupa per le inevitabili ripercussioni e ci si domanda quale sia stato il segreto di una manovra bellica così spettacolare. Da parecchi anni, ormai, i conflitti sono asimmetrici e lo scontro non è frontale, non prevede la contrapposizione di schieramenti, non è una rapida successione di azioni e reazioni, non somiglia affatto alle guerre “vintage”.

Le autorità iraniane annunciano vendette proporzionali all’aggressione subita, anticipano dolorose atmosfere di morte e distruzione, ma – alla sorpresa che li ha colpiti – non sembrano frettolosi o impazienti nel replicare allo smacco subìto. Forse lo shock del bombardamento inatteso, forse l’ormai irreparabile mancata previsione di un sistema di difesa adeguata, Teheran si limita a minacciare Tel Aviv e lo spettro del terrorismo aleggia nei cieli del Medio Oriente.

La distanza non è più un deterrente

L’Ayatollah Ali Khamenei, furente, aveva creduto ai successi dichiarati dal suo ministro per l’Intelligence Esmail Kathib a di avere un vantaggio informativo rispetto a Israele. Il forse eccessivo interesse per le migliaia di pagine sottratte non ha dato il tempo di leggere quel che Cnn aveva anticipato online il 20 maggio scorso, scrivendo che fonti riservate lasciavano intendere che Israele stesse preparando un raid per annientare gli impianti nucleari iraniani come già era stato progettato e programmato.

Alla beffa seguiranno ritorsioni che potranno avere nel mirino anche alleati, simpatizzanti e partner, senza esclusione di colpi e senza ostacoli di ordine territoriale: c’è da aspettarsi di tutto, a qualunque latitudine o longitudine, anche là dove la distanza dal campo di battaglia era erroneamente considerata una sorta di polizza assicurativa fenomenale. Dopo i droni ucraini che qualche giorno fa hanno distrutto 41 cacciabombardieri russi arrivando all’intestino della Grande Madre Russia a oltre 4’500 chilometri dalla linea di confine, adesso sbalordisce la capacità degli israeliani di colpire con estrema accuratezza impianti nucleari, siti missilistici e centri di comando a Teheran e nei dintorni.


Keystone
I volti di alcune delle vittime illustri

Non è stato certo un blitz improvvisato, ma il faticoso mosaico di piccole informazioni che poco alla volta hanno reso nitidamente visibili le strutture fisiche costituenti i bersagli e “tracciabili” le persone di rilievo la cui eliminazione non aveva semplice carattere simbolico. Missili e droni hanno raggiunto senza pietà le aree critiche e hanno trafitto con precisione chirurgica almeno cinque figure carismatiche del Gotha iraniano. Oltre allo scienziato Mohammad Mahdi Tehranchi, sono stati uccisi il capo di Stato maggiore della Difesa Mohammad Bagheri, il generale Hossein Salami (comandante del Corpo delle Guardie della Rivoluzione islamica) e il suo parigrado Gholamali Rashid (capo delle Forze di Emergenza).

Il controspionaggio non ha funzionato

La meticolosità della definizione di ogni minimo dettaglio rende l’operazione “Rising Lion” assimilabile a una sorta di resurrezione dei Servizi Segreti israeliani e restituisce all’intelligence la dignità calpestata dal raid di Hamas del 7 ottobre 2023. Uno sforzo titanico di acquisizione di dati e notizie sfruttando tanto le tecnologie più sofisticate, quanto l’inossidabile “human intelligence” capace di infiltrarsi e di reperire informazioni con sistemi più tradizionali.

Satelliti e strumenti informativi hanno permesso una lenta ma incessante acquisizione degli elementi costituenti il puzzle oggi sotto i nostri occhi. Se per un verso gli agenti segreti in attacco meritano la promozione a pieni voti, una bocciatura solenne spetta al controspionaggio iraniano che non ha saputo rilevare cosa stava accadendo e ha permesso all’avversario di andare a segno su un centinaio di siti nucleari (tra cui Natanz) e basi militari scorrazzando nei cieli di Persia con oltre 200 aerei da combattimento...

Rappresaglie sul fronte cibernetico

Se l’intelligence di Israele ha centrato l’obiettivo con un impiego oculato di sistemi informatici e – soprattutto – con la capacità di penetrare in quelli nemici, paralizzando le funzionalità e riuscendo a carpire informazioni riservate di assoluto pregio, c’è da aspettarsi che proprio sul fronte cibernetico ci possano essere rappresaglie iraniane. Non va dimenticato che il più pericoloso arsenale di Teheran è costituito da hacker assatanati che negli ultimi anni hanno saputo intrufolarsi nelle architetture telematiche di mezzo mondo senza vantarsi di aver scalato questo o quell’Everest digitale.


Keystone
Slogan anti-americani e anti-israeliani

Quello cyber è il combattimento maggiormente silenzioso ma al contempo quello in grado di recare danni di massima caratura, con velocità ipersonica, senza limiti di gittata, senza timore che un colpo a vuoto possa esser rilevato e comportare un calo di credibilità...

I criminali informatici iraniani sono legati a filo doppio con i colleghi russi, prevalentemente mercenari o – al meglio – masnadieri che solcano i mari virtuali ostentando le “lettere di corsa” con cui Putin li autorizza a qualunque arrembaggio. Siamo solo all’inizio. Presto per dire come andrà a finire. Tardi per fermare tutto.