Stretta in stile Trump per chi sbarca illegalmente. È polemica
Giro di vite sulla concessione della cittadinanza britannica ai rifugiati, sotto le insegne di un governo laburista moderato che conferma la linea dura sul fronte della lotta post Brexit all'immigrazione illegale: non senza riprodurre in parte - e non solo a livello di campagne d'immagine - gli echi di una certa narrazione alimentata negli Usa dall'amministrazione Trump.
L'iniziativa resa pubblica oggi ha in effetti un contenuto concreto. Mira a stringere in modo ferreo le maglie sul rilascio del passaporto a chiunque sbarchi sull'isola illegalmente: sia via mare, attraverso il flusso finora inarrestabile di piccole imbarcazioni che affrontano le acque turbolente della Manica sulla rotta Francia-Inghilterra; sia a bordo di tir e veicoli vari caricati su treni e ferry. Ossia ai protagonisti di quei viaggi della disperazione che, se sopravvivono all'odissea, possono regolarizzare sulla carta il loro status, laddove riconosciuti come rifugiati; ma che neppure in queste veste potranno d'ora in poi diventare cittadini di Sua Maestà.
La stretta è stata introdotta di soppiatto in questo caso, con un aggiornamento delle linee guida governative dirette ai funzionari del dipartimento immigrazione dell'Home Office, il ministero dell'Interno. "Qualsiasi persona che richieda la cittadinanza dal 10 febbraio 2025, e che sia entrata in precedenza illegalmente nel Regno Unito, se la vedrà di norma respinta, indipendentemente dal tempo trascorso da quando è avvenuto l'ingresso", si legge nella circolare.
Testo che in sostanza ordina di rendere pressoché impossibile la domanda d'accesso al passaporto ai rifugiati la cui posizione sia stata sanata ex post, a differenza di quanto previsto dalla legge per tutti i residenti stranieri dopo un certo numero di anni.
L'iniziativa dell'esecutivo guidato dal premier Keir Starmer fa seguito del resto all'impennata di arresti e rimpatri su larga scala rivendicato dal Labour in questi mesi dopo il ritorno al potere nel luglio scorso, con oltre 19’000 "criminali o irregolari" deportati in sei mesi: alcuni dei quali esibiti in video in stile trumpiano sul sito del ministero dell'Interno mentre salivano in manette la scaletta di un aereo affittato a costo salato per essere rimpatriati in Albania.
Il diktat ha scatenato le proteste di organizzazioni umanitarie (a partire dal Refugee Council), di avvocati impegnati a sostegno dei richiedenti asilo e anche di alcuni deputati laburisti come Stella Creasy: che deplora indirettamente l'incoerenza di Starmer e paventa per i rifugiati un destino senza scampo da "cittadini di seconda categoria per sempre".
L'obiettivo di sir Keir rimane tuttavia, secondo i media, quello di provare a contenere la rapida emorragia di consensi abbattutasi sul Labour dopo il ritorno a Downing Street e di provare a raccogliere i malumori collettivi di settori della società sul dossier immigrazione cavalcati a destra sia dal Partito conservatore di Kemi Badenoch, sia soprattutto da Reform Uk: formazione populista capeggiata da Nigel Farage, ex tribuno della Brexit e grande amico di Donald Trump, issatasi addirittura al primo posto nelle intenzioni di voto di un ultimo sondaggio.