Parigi e Berlino: ‘L'Ue risponderà’. Arrivano anche altre tariffe. Swiss Steel per ora non si sbilancia
Dazi del 25% su acciaio e alluminio e poi tariffe reciproche. Sono gli ultimi due capitoli della guerra commerciale condotta da Donald Trump contro amici e nemici all'estero, mentre in patria continua a smantellare con Elon Musk l'amministrazione federale, tra polemiche e una raffica di cause legali. Il presidente è pronto a firmare gli ennesimi ordini esecutivi nello Studio Ovale, prima quello sui metalli e martedì o mercoledì l'altro, come ha preannunciato sull'Air Force One mentre volava a vedere il Super Bowl.
"La produzione di acciaio è una componente importante della nuova età dell'oro promessa da Trump", ha spiegato alla Cnbc uno dei suoi principali consiglieri economici, Kevin Hassett. È uno dei motivi per cui il tycoon ha condiviso anche lo stop di Biden alla vendita di Us Steel ai giapponesi, concordando alla fine un loro investimento ma senza assumerne il controllo. La misura colpirà in particolare il Canada, principale esportatore di acciaio e alluminio in Usa (con una quota del 25%), il Messico (12%), il Brasile, la Corea del Sud ma anche l'Europa, per la quale gli Stati Uniti sono il maggior mercato per l'export dei due metalli.
Bruxelles attende la notifica della mossa, ma Parigi e Berlino hanno già reagito. Il presidente francese Emmanuel Macron ha avvertito che dazi Usa sull'Europa danneggerebbero anche gli Stati Uniti facendo aumentare l'inflazione e ha giurato in un'intervista alla Cnn di essere pronto a un nuovo faccia a faccia con Trump sulle tariffe. "L'Unione Europea è il vostro primo problema? No, non credo. Il vostro primo problema è la Cina, quindi dovreste concentrarvi sul primo problema", ha detto. "L'Unione Europea risponderà ai nuovi dazi", gli ha fatto eco il ministro degli Esteri francese Jean-Noël Barrot. Sulla stessa linea anche il cancelliere tedesco Olaf Scholz: "Lo dico con grande prudenza ma anche con grande chiarezza, come Unione Europea possiamo reagire velocemente ai dazi, se dovesse diventare necessario".
Keystone
Acciaio in uscita da una fabbrica tedesca
Trump aveva già introdotto nella sua prima presidenza dazi su acciaio (al 25%) e alluminio (10%) per proteggere la produzione americana da quella che a suo avviso era una concorrenza sleale, favorita dai sussidi statali. Da allora, per esempio, l'export italiano di acciaio verso gli Usa ha perso i due terzi della quota, secondo Federacciai. Dopo un anno il tycoon li aveva revocati per Canada e Messico, ma ora li rilancia, ignorando il divieto del nuovo accordo commerciale che lega i tre Paesi nordamericani. Poi sarà la volta dei cosiddetti dazi reciproci. "È molto semplice, se loro ci tassano, noi tassiamo loro, allo stesso modo", ha spiegato. In campagna elettorale aveva promesso addirittura una legge in Congresso, il Reciprocal Trade Act, ma nel frattempo procede a colpi di ordini esecutivi.
Swiss Steel non si sbilancia riguardo all'impatto dei nuovi dazi che il presidente americano Donald Trump vuole imporre sulle importazioni di acciaio e alluminio negli Stati Uniti. L'azienda sta lavorando a stretto contatto con i propri clienti per trovare soluzioni alle mutate condizioni quadro, ha indicato il gruppo siderurgico elvetico interpellato dall'agenzia Awp.
Il conglomerato ha un impianto di produzione negli Stati Uniti, a Chicago, e nel 2023 ha generato circa il 10% del suo fatturato nel paese oltre Atlantico. Non vengono fornite per contro informazioni dettagliate sull'import negli Usa.
La società sottolinea peraltro che le importazioni di acciaio negli Stati Uniti sono già soggette a dazi e restrizioni commerciali. "Se dovessero essere adottate ulteriori misure, il contesto generale potrebbe però cambiare", sottolinea la ditta.
Come noto Swiss Steel è confrontata da tempo con le difficoltà che attanagliano l'intero settore: in gennaio ha confermato la cancellazione di 130 impieghi sugli attuali 750 presso Steeltec, un'azienda che fa capo al gruppo. Il 17 febbraio è inoltre prevista un'assemblea generale straordinaria che deciderà sull'uscita della società dalla borsa svizzera, con l'obiettivo di diminuire i costi e gli oneri amministrativi.