Hamas consegna la lista dei 33 ostaggi e conferma, 8 sono morti
"Questo è il giorno più felice della mia vita, sento come se la mia anima e la mia vita fossero tornate da me". Lamees al-Iwady non riesce a trattenere la gioia al suo arrivo a Gaza City dopo aver perso il conto delle volte in cui è stata sfollata in 15 mesi di guerra nella Striscia. La 22enne palestinese è tra le centinaia di migliaia di persone che sono riuscite a tornare a piedi e in auto nel Nord dell'enclave, grazie alla svolta di domenica sera sul destino dell'ostaggio israeliano Arbel Yehud: dopo una negoziazione serrata, il governo di Benjamin Netanyahu e Hamas hanno infatti concordato di attuare un ulteriore rilascio di ostaggi giovedì, quando saranno liberati Arbel, la soldatessa Agam Berger e un altro rapito. In cambio, le forze israeliane hanno acconsentito al passaggio dei gazawi attraverso il corridoio di Netzarim – che divide in due la Striscia – permettendo loro di tornare a casa, o a ciò che ne rimane. Sin dalle prime ore del mattino, un fiume di sfollati si è riversato verso la parte settentrionale dell'enclave.
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Verso nord
Una marea umana di pacchi, buste, carretti, bici e anche automobili per chi è più fortunato: i pochi resti di una vita sventrata dall'ennesima guerra nella Striscia. Secondo un funzionario della sicurezza di Gaza, più di 200’000 sfollati sono tornati a piedi nel Nord nelle due ore successive all'apertura del valico. Un attraversamento organizzato e che potrebbe richiedere anche giorni di attesa, con contractor egiziani che ispezionano persone e auto con scanner alla ricerca di armi ed esplosivi, perché l'accordo sulla tregua prevede che per tornare a nord si debba essere disarmati. E se da una parte la gioia è il sentimento che riempie la folla finalmente libera di tornare a casa, dall'altra resta la desolazione per una terra ormai ridotta a deserto e a cumuli di macerie da 15 mesi di bombe a tappeto: secondo le stime del governo, la popolazione di Gaza City e del Nord avrà bisogno di 135’000 tende e roulotte. "Ma le case le ricostruiremo, anche se sarà con fango e sabbia", è convinta Lamees.
Con l'apertura del passaggio verso nord, Hamas ha rivendicato il ritorno degli sfollati come "una vittoria" per il popolo palestinese e "la sconfitta dei piani di occupazione" e dello "sfollamento" proposto dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che nei giorni scorsi ha ventilato l'idea di "ripulire" Gaza trasferendo i gazawi in Giordania ed Egitto. Una proposta immediatamente condannata dai Paesi interessati e da altri leader regionali, compreso il presidente dell'Anp Abu Mazen. Come previsto, l'idea è invece piaciuta all'ultradestra israeliana, da Smotrich a Ben Gvir. E potrebbe finire sul tavolo di un colloquio tra lo stesso tycoon e Netanyahu: secondo il portale israeliano Walla News che cita tre fonti israeliane e americane, il premier israeliano sarebbe infatti pronto a volare alla Casa Bianca già la prossima settimana – dal 3 al 5 febbraio – diventando così il primo leader straniero a visitare Washington dall'insediamento del nuovo presidente Usa.
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Bambini di Gaza
Nel frattempo, la gente in Israele resta divisa tra il sollievo di poter riabbracciare i primi rapiti liberati e la logorante attesa per coloro che restano a Gaza, mentre è giunta dalla lista di Hamas – convalidata dal governo israeliano – la tragica conferma che tra i 33 ostaggi da rilasciare nella prima fase di cessate il fuoco, 8 torneranno in Israele da morti. Questa settimana l'attesa sarà accorciata a giovedì, quando saranno rilasciate Arbel Yehud, Agam Berger e un altro rapito grazie a un accordo raggiunto dopo un braccio di ferro tra il governo israeliano e la fazione palestinese. "Sono giorni complessi, emotivi e snervanti", hanno raccontato i parenti di Yehud. "Aspettiamo con ansia il momento in cui potremo riabbracciare la nostra Arbel e preghiamo disperatamente per il ritorno di tutti gli ostaggi".
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Il grande esodo