Siria

Il regime sbriciolato in 11 giorni, i siriani: ‘Siamo liberi’

La gioia del popolo levantino si espande da Damasco fino a Berna (e oltre). Assad arrivato a Mosca con la famiglia, la Russia gli concede l'asilo

L’inizio di una nuova era
(Keystone)
8 dicembre 2024
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È bastata una notte – quella a cavallo fra sabato 7 e domenica 8 dicembre – alle forze d'opposizione siriane per prendere il controllo di Damasco, capitale levantina nonché ultima roccaforte del regime. E anche per Bashar al-Assad è bastata una notte per sparire dalle scene. L'ormai ex presidente siriano e la sua famiglia – scrivono domenica sera le agenzie di stampa russe, citando una fonte del Cremlino – è arrivato a Mosca. “La Russia, sulla base di considerazioni umanitarie, ha accordato loro asilo”, ha indicato la medesima fonte a Tass e Ria Novosti.

Come sono cadute le statue di al-Assad padre, è crollato il regime che per oltre mezzo secolo controllava il Paese. Sono stati gli stessi ‘ribelli’ siriani ad annunciarlo, una prima volta, tramite un video trasmesso nella notte dalla tv pubblica siriana, dichiarando la Siria "libera dalla tirannia dopo cinquanta anni" e poi ancora nella serata di domenica, per bocca del leader di Hayʼat Tahrir al-Sham (HTS), Abu Mohammed al-Jolani: "Non c’è spazio per tornare indietro, il futuro è nostro".

Il Paese si appresta così a scrivere una nuova pagina del libro della sua storia millenaria, fra centinaia di persone scese in piazza per festeggiare la fine della tirannia e un'incognita: quanto sarà lunga e tortuosa la transizione che porterà la Siria a essere libera e democratica?

Come conquistare una nazione in undici giorni

Dopo l'avanzata e l'ingresso a Damasco, le forze d'opposizione siriane hanno preso il controllo dapprima di alcuni quartieri, poi dell'emittente radiotelevisiva pubblica. L'azione non si è fermata qui. I ribelli infatti hanno poi aperto i cancelli del vicino carcere militare di Sednaya, conosciuto come il "mattatoio umano". Un luogo infausto, dove migliaia di detenuti sono stati imprigionati dall'apparato di sicurezza durante tutto il governo del regime. "Le porte sono state aperte e i prigionieri liberati", ha riferito l'Osservatorio siriano per i diritti umani.

Il comandante dei ribelli ha annunciato che le istituzioni pubbliche siriane resteranno sotto il controllo del primo ministro fino al "passaggio ufficiale delle consegne". Ed è proprio quest'ultimo, Ghazi al-Jalali, ha detto – in un'intervista all'emittente Al Arabiya – che la Siria dovrebbe ora tenere "libere elezioni affinché il popolo possa scegliere chi debba guidarlo". Al-Jalali aveva già detto di avere contattato il comandante dei ribelli, Abu Mohammed al-Jolani, con il quale ha detto di essersi accordato sulla transizione.

La presa di Damasco però è avvenuta dopo una clamorosa e inaspettata marcia trionfale, cominciata solo 10 giorni fa. Prima del 27 novembre infatti, le forze di opposizione siriane erano perlopiù confinate nella loro roccaforte nel governatorato nordoccidentale di Idlib, in seguito al cessate il fuoco mediato nel marzo 2020 dal presidente turco Recep Erdogan e dal suo omologo russo Vladimir Putin.

Mercoledì 27 novembre, appena un giorno dopo l'entrata in vigore del cessate il fuoco tra Israele e Libano, le forze di opposizione siriane, guidate da HTS, hanno lanciato un'offensiva. Entro sera, il gruppo aveva sequestrato almeno 19 città e villaggi delle forze filo-governative, tra cui siti militari. La difesa siriana, supportata dalla Russia, non ha impedito ai ribelli, di conquistare Aleppo.

Nei giorni a seguire la coalizione ha continuato ad avanzare verso sud, occupando prima Hama, poi Homs, la terza città più grande della Siria e infine Deraa, la quarta perdita strategica per le forze del presidente Bashar al-Assad in una settimana. Deraa, che si trova a pochi chilometri dal confine con la vicina Giordania, è nota come la culla della rivoluzione del 2011. E poi ancora Damasco, occupata e conquistata nel giro di una notte. Ai ribelli ora non resta che impossessarsi della costa, che si trova verso ovest. L'offensiva sta avvenendo proprio in queste ore e, se dovesse avere successo, tutto il territorio siriano sarà ufficialmente nelle mani della coalizione antigovernativa.

I siriani gioiscono per la caduta del regime

Caroselli, fuochi d'artificio, bandiere sventolate e canti, ma anche spari, monumenti distrutti e case saccheggiate. Centinia di siriani festeggiano così la fine del governo Assad. Sui social sono migliaia i video che circolano e anche i media – fra cui la stessa tv siriana – hanno mostrato lunghi filmati della folla festante in piena notte a Damasco. La Cnn ha fatto vedere caroselli di moto e motorini i cui occupanti sventolano bandiere siriane, mentre da alcune zone del centro di Damasco, come nella piazza degli Omayyadi, nelle immagini della Bbc, dietro ai canti e alle urla della folla si sentono anche degli spari in aria, malgrado il leader di Hayat Tahrir al-Sham (Hts) avesse vietato tale pratica.

Nel pomeriggio di domenica un gruppo di miliziani e civili si è recato presso la dimora del presidente siriano, saccheggiando beni e oggetti di vario genere. Stando ad alcune fonti, sarebbero state arraffate anche ingenti somme di denaro.

La gioia del popolo siriano ha però oltrepassato i confini nazionali. Manifestazioni di sostegno sono avvenute anche in diverse città del mondo, come in Grecia, dove una bandiera dell'opposizione siriana è stata srotolata all'ambasciata di Atene, oppure ancora in Turchia, dove i profughi siriani si sono radunati in centinaia.

La comunità siriana in esilio in Svizzera ha reagito con gioia alla caduta del regime di Bashar al-Assad. Una manifestazione spontanea è stata programmata per il tardo pomeriggio di oggi sulla piazza della stazione di Berna. I membri della comunità siriana in esilio hanno seguito da vicino gli eventi degli ultimi giorni. Siamo "felicissimi per la caduta del leader Bashar al-Assad", ha dichiarato Therese Junker, copresidente dell'Associazione Siria-Svizzera. Nonostante la gioia, nessuno sa come si svilupperà la situazione politica in Siria. Si spera che rimanga pacifica, ha continuato Junker. Secondo i dati dell'Ufficio federale di statistica, alla fine del 2023 nella Confederazione vivevano circa 28'000 cittadini siriani.

Ma non solo. Con la caduta del regime di Bashar al Assad moltissimi siriani che nel corso della sanguinosa guerra civile erano fuggiti dal paese ora vogliono tornare in Siria. I giornalisti presenti sul posto raccontano di centinaia di migliaia di persone che dal Libano stanno cercando di raggiungere il confine con la Siria: circolano foto e video che mostrano le strade che portano ai checkpoint (ormai abbandonati dall’esercito regolare siriano) piene di auto e persone festanti, pronte a varcare la frontiera.