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L’Iran pronto a valutare l’invio di truppe in Siria

Il riaccendersi della guerra in Siria attira nel suo gorgo tutte le potenze regionali e globali: dagli Stati Uniti, la cui aviazione è intervenuta ieri sull’Eufrate contro forze filo-iraniane, ai russi che hanno coinvolto le loro basi sul Mediterraneo per mostrare i muscoli con esercitazioni navali, fino agli iraniani che minacciano di inviare truppe nel Paese. Intanto gli sfollati, secondo l’Onu, sono almeno 50mila in pochi giorni.

In questo contesto, Russia, Iran e Turchia, le tre potenze coinvolte direttamente in questo nuovo ciclo di violenze armate, hanno cominciato a negoziare. Come prima dichiarazione pubblica dall’inizio dell’offensiva filo-turca su Aleppo, il presidente russo Vladimir Putin ha chiesto al suo omologo turco Recep Tayyip Erdoğan di “fermare l’aggressione terroristica contro lo Stato siriano da parte di gruppi radicali”. Dal canto suo, Erdoğan ha di fatto intimato a Bashar al-Assad di accettare le condizioni imposte da mesi da Ankara per una normalizzazione dei rapporti con Damasco. Mentre il governo siriano chiede il ritiro delle truppe turche dal nord-ovest e dal nord-est, ma Erdoğan ha di nuovo giustificato la presenza militare turca in Siria in funzione anti-curda. L’Iran, che appare l’attore più danneggiato dalla dinamica militare in corso su Aleppo, lungo l’Eufrate e su Hama, ha invece avvertito di esser pronto a inviare truppe in Siria, oltre alla miriade di fazioni filo-iraniane irachene, libanesi e afghane da anni mobilitate dalla Repubblica islamica nel martoriato Paese mediterraneo.

Proprio alcuni rinforzi di forze filo-Teheran sono giunti al fronte sud-orientale di Hama e hanno sostenuto i governativi nel riprendere il controllo di alcune località a nord della città di Salamiye. Ma i jihadisti di Hayat Tahrir ash-Sham (Hts), appoggiati dalla Turchia, hanno consolidato le posizioni lungo la valle dell’Oronte e alla periferia nord di Hama, bombardando l’aeroporto militare della città, dove sono presenti jet ed elicotteri russi.

Nel quadrante di Aleppo, l’altro braccio dell’avanzata filo-turca ha spinto altre migliaia tra combattenti e civili curdi a fuggire verso Tabqa e Raqqa, oltre l’Eufrate. In città rimangono sotto assedio, nei quartieri settentrionali di Shaykh Maqsud e Ashrafiye, circa 100mila tra civili e miliziani dell’ala locale del Pkk. ANSA/RED