Cominciati a fioccare i primi arresti e feriti. Le forze speciali non sono identificabili e agiscono con il volto totalmente coperto da caschi
Dopo quattro giorni di proteste, scontri e arresti di massa, la Georgia è sull’orlo del baratro. Nel Paese caucasico, alla luce della contestatissima vittoria alle elezioni dei filo-russi di Sogno Georgiano e, soprattutto, con l’annuncio dello stop al percorso di adesione all’Ue, l’ira della piazza appare irrefrenabile.
La giornata di oggi ha visto svilupparsi il quinto giorno di manifestazioni. In decine di migliaia sono scesi per le strade della capitale e non solo, affrontando una repressione che si fa via via più violenta. Mentre, da Mosca, è arrivato un lugubre avvertimento: “C’è il tentativo di realizzare un nuovo Maidan, una nuova rivoluzione arancione”, ha avvertito il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov tracciando un parallelo tra le proteste di Tbilisi e quanto è avvenuto a Kiev tra la fine del 2013 e il febbraio del 2014.
La scure della repressione ha il volto soprattutto delle cosiddette forze speciali: i loro membri non sono identificabili e agiscono con il volto totalmente coperto da caschi. Il ricorso all’uso della forza è esteso e va dai manganelli ai gas lacrimogeni, fino agli idranti. Oggi sono cominciati a fioccare arresti e feriti.
Tra i fermati figurano diversi giornalisti e uno dei leader del partito di opposizione Coalizione per il cambiamento, Zurab Japaridze. “Ho visto tante proteste durante il periodo sovietico. Ma una tale aggressività – verso gli anziani, verso i ragazzi più giovani, verso le donne – è incredibile”, ha raccontato un testimone alla Cnn laddove la gran parte degli arrestati ha affermato di aver subito “violenze e trattamenti inumani”.