La denuncia dell'Onu. Dieci persone sono state condannate a 300 anni di carcere per aver portato avanti "azioni non violente" durante una protesta
L'Onu ha denunciato l'alto numero di arresti "arbitrari" effettuati in Messico contro attivisti e difensori dei diritti delle comunità indigene, dieci dei quali sono stati condannati a 300 anni di carcere per aver portato avanti "azioni non violente" compiute "in un contesto legale" di protesta. Per la funzionaria Onu Mary Lawlor "lo scopo di queste punizioni è quello di impedire loro di svolgere il loro lavoro a favore dei diritti umani".
Nel corso dei procedimenti giudiziari in cui sono state emesse le sentenze - riferisce Lawlor - sono infatti emerse significative violazioni del giusto processo. Gli attivisti in questione sono stati accusati ingiustamente di reati di omicidi "nonostante in alcuni casi neanche si trovavano nel luogo o nella zona in cui è stato commesso il delitto".
Per Lawlor l'impatto della criminalizzazione e della detenzione prolungata dei difensori dei diritti umani va ben oltre il danno che subiscono come individui e ha un impatto negativo sulla società dato che "il lavoro dei dieci attivisti ruota attorno a questioni che minacciano le loro comunità, come lo sfruttamento delle risorse naturali e del territorio, gli effetti dannosi del modello economico legato all'estrazione e l'azione della criminalità organizzata". Per questo motivo l'Onu esorta le autorità competenti a revocare le sentenze.