Estero

Biden assicura una transizione pacifica, frecciatina a Trump

Breve discorso del presidente statunitense: ‘Non puoi amare il Paese solo quando vinci’

Verso l’uscita
(Keystone)
7 novembre 2024
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La volontà degli elettori "prevale sempre" e va rispettata e accettata, "non si può amare il Paese solo quando si vince". Alla sua prima uscita pubblica dalla sconfitta della sua vice Kamala Harris, Joe Biden - il principale indiziato della debacle elettorale dei democratici - cerca di rassicurare gli americani e di abbassare i toni che hanno incendiato gli ultimi scorci della campagna.

Accolto nel Rose Garden della Casa Bianca dagli applausi della sua amministrazione e del suo staff, Biden ha assicurato una transizione "ordinata" e un trasferimento di potere pacifico il prossimo 20 gennaio, lanciando di fatto una frecciatina al vincitore Donald Trump che, quattro anni fa, rifiutò il risultato delle urne e invitò la sua base a ribellarsi, aprendo la strada all'assalto al Congresso del 6 gennaio. "Mi auguro" che l'esito delle elezioni "metta a tacere i dubbi sull'integrità del sistema elettorale americano. È onesto, giusto e trasparente", ha sottolineato il presidente, che nel suo breve discorso ha evitato di entrare nel merito delle responsabilità della sconfitta e ai democratici delusi ha detto: "Abbiamo perso questa battaglia ma l'America dei vostri sogni vi chiede di rialzarvi. Andrà tutto bene, ma dobbiamo restare impegnati, non possiamo mollare".

Gli indiziati dem

Molti all'interno del partito democratico ritengono però Biden il principale responsabile di quello che viene definito il "bagno di sangue" alle urne: il partito ha perso non solo la Casa Bianca ma anche il Senato, e rischia di cedere ai repubblicani anche il controllo della Camera. Una batosta che getta i democratici nella crisi più profonda dagli anni '80, quando persero a valanga tre consecutive elezioni presidenziali. Al presidente viene rimproverato di non essersi ritirato prima nonostante la sua impopolarità: la sua ostinazione a restare al potere ha trasformato la sua promessa di "ripristinare l'anima dell'America" dopo quattro anni di Trump in un ritorno del tycoon alla Casa Bianca.

A Harris viene imputato invece un messaggio inefficace e, soprattutto, la scelta del governatore del Minnesota Tim Walz per la vicepresidenza. "Non ha portato alcun contributo", lamentano molti dei dem, convinti comunque che la vicepresidente abbia maggiormente pagato il prezzo di essere la numero due di un Commander in chief molto sgradito agli americani e le cui politiche - soprattutto quelle in Medio Oriente e sull'economia - non hanno fatto altro che alienare gli elettori e spingerli fra le braccia di Trump.

Un coro crescente di voci punta il dito anche contro Barack Obama, incapace di spingere per una nuova leadership. Il primo a rompere ufficialmente il silenzio sulla debacle è stato Bernie Sanders con un duro attacco al partito, accusato di aver scaricato la classe media e di essersi consegnato agli interessi finanziari. "La leadership democratica difende lo status quo, ma il popolo americano è arrabbiato e vuole il cambiamento. E ha ragione", ha tuonato il senatore indipendente.

Resa dei conti

Parole dure sono arrivate anche dall'ex sindaco di New York Michael Bloomberg. "Probabilmente non è stato bello nascondere le infermità di Biden fino a che non sono divenute innegabili in diretta tv. E non è stato saggio sostituirlo con Harris, una candidata che aveva fallito nella sua precedente corsa elettorale", ha detto. Mentre la deputata pasionaria Alexandria Ocasio-Cortez ha denunciato un'imminente era del "fascismo" in America, spiegando però che è ancora troppo presto per la caccia ai responsabili.

La resa dei conti è solo all'inizio in un partito ancora troppo scioccato per valutare quanto accaduto e, soprattutto, perché è accaduto effettuando una lucida analisi del voto. Le valutazioni preliminari fanno emergere un partito "troppo attento a non offendere nessuno" e sempre più elitario - i laureati hanno votato in massa per Harris - che ha perso il contatto con quella che dovrebbe essere la sua base, la classe operaia.