“La Repubblica è dei turchi ma senza dubbio è anche la Repubblica dei curdi”. Dopo molti anni, come all’epoca delle sue prime esperienze da premier, Recep Tayyip Erdogan è tornato a sottolineare a gran voce l’importanza delle minoranze nella popolazione turca. In un discorso in parlamento dove ha ricordato la presenza in Turchia di arabi, alevi, greci e circassi, il presidente ha riservato uno spazio speciale per i “fratelli curdi”, tra il 15 e il 20% degli 85 milioni di cittadini. Le parole del leader arrivano mentre sono in corso, da settimane, tentativi da parte di varie forze politiche per riaprire un processo di pace tra lo Stato e il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk), il gruppo curdo armato che da 40 anni è in conflitto con Ankara. “Cari fratelli curdi, ci aspettiamo che stringerete questa mano con sincerità e fermezza”, ha detto il presidente, citando il clamoroso appello lanciato la scorsa settimana dal partito di estrema destra nazionalista Mhp. Il suo segretario aveva infatti invitato il leader imprigionato del Pkk, Abdullah Ocalan, a proclamare lo scioglimento del suo gruppo, alludendo a una possibile fine del regime carcerario di isolamento in cui si trova dal 1999. Ma mentre Erdogan sta cercando di raccogliere un consenso bipartisan per riscrivere la Costituzione, che attualmente non gli permette di correre per un nuovo mandato, la prospettiva di un nuovo processo di pace non appare così semplice. ANSA/RED