Fuga dal Washington Post. Il mancato endorsement del blasonato quotidiano a uno dei candidati alla Casa Bianca innesca una corsa a disdire gli abbonamenti: in pochi giorni ne sono stati cancellati 200mila, una cifra notevole per un giornale già alle prese con una serie di difficoltà finanziarie e con una concorrenza sempre più agguerrita. Di fronte alla perdita di abbonati è intervenuto il proprietario-miliardario Jeff Bezos cercando di spiegare perché ha deciso di non appoggiare nessuno. Ammettendo un errore di tempistica, il fondatore di Amazon ha parlato di una “decisione di principio”. Ora più che mai “il mondo ha bisogno di una voce credibile, fidata e indipendente. E quale posto è migliore della capitale di questo Paese per una tale voce?”, ha scritto Bezos in un editoriale sul suo quotidiano. I tempi dell’annuncio, comunque, non sono stati buoni. “Vorrei che avessimo apportato il cambiamento” della politica sugli endorsement “prima di quanto fatto, a maggiore distanza dalle elezioni e dalle emozioni che ci circondano. È stata una pianificazione inadeguata e non una strategia voluta”, ha osservato Bezos difendendo a spada tratta la sua presa di posizione. “Nessun elettore indeciso della Pennsylvania dirà: seguo l’endorsement del quotidiano A. Nessuno”. Gli endorsement, ha aggiunto ancora, non fanno altro che creare una “percezione di pregiudizio, di non indipendenza”. E per questo – secondo Bezos – smettere di appoggiare un candidato o un altro è una “decisione di principio, quella giusta”.
Il Washington Post non è l’unico ad aver cambiato corso. Anche il Los Angeles Times e Usa Today hanno optato per non concedere l’endorsement a nessuno. Il New York Times e il New York Post hanno invece mantenuto intatta la loro tradizione, e hanno appoggiato uno Kamala Harris e l’altro Donald Trump. ANSA/RED