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Macron avvia le consultazioni: 'Io, garante del voto’

La tregua olimpica è finita. La politica torna protagonista dopo le elezioni anticipate: la sinistra denuncia ‘l'inerzia’ del presidente

Emmanuel Macron
(Keystone)
22 agosto 2024
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Archiviati i fasti delle Olimpiadi, che hanno garantito una tregua dalle turbolenze della politica, la Francia torna a fare i conti con la realtà di un nuovo governo che non riesce a nascere, nonostante sia trascorso un mese e mezzo dalle elezioni legislative. Ora si ricomincia, con l'avvio di un giro di consultazioni all'Eliseo, ma la strada si annuncia in salita. Perché il fronte della sinistra vincitore alle urne, che rivendica la premiership e che per primo vedrà Emmanuel Macron, ha denunciato la "grave inerzia" del capo dello Stato. Mentre il presidente si trincera dietro il suo ruolo di "garante del voto", invocando un esecutivo che sia frutto di una "maggioranza ampia e stabile".

Le critiche

A battere il primo colpo alla vigilia delle consultazioni è stato proprio il Nouveau Front Populaire. Una lettera ai francesi, in cui i leader del raggruppamento (sinistra radicale, socialisti, ecologisti e comunisti) hanno deplorato che Macron "procrastini piuttosto che trarre le conclusioni" dall'esito delle elezioni. "È giunto il momento di agire: come in tutte le democrazie parlamentari, la coalizione che vince deve essere in grado di formare un governo e mettersi al lavoro", è stato l'appello. "Noi siamo pronti", è la sfida a Macron, che è "obbligato" ad agire in quanto artefice dello scioglimento a sorpresa dell'Assemblea nazionale, la sera della sua sonora sconfitta alle europee.


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Jean-Luc Mélénchon

Il Nfp si presenta all'Eliseo forte anche di un'intesa interna, seppur raggiunta faticosamente, sulla scelta del candidato alla carica di premier, ossia la 37enne Lucie Castets, alta funzionaria dell'amministrazione di Parigi. Il problema è che il fronte di sinistra è molto lontano dalla maggioranza assoluta (mancano 96 deputati). E il suo programma non sembra concedere compromessi agli altri schieramenti politici, a partire dai centristi. Oltre all'impegno per un aumento del salario minimo, c'è soprattutto la volontà di abrogare la contestatissima riforma delle pensioni, che ha fatto scendere in piazza centinaia di migliaia di persone. Un progetto che, al contrario, Macron ha difeso a oltranza e con convinzione. Il capo dello Stato, tra l'altro, sembra aver fin qui respinto l'ipotesi di Castets premier. Con queste premesse l'incontro del presidente con i gruppi di Nfp si annuncia esplosivo. Per l'Eliseo queste consultazioni mirano "a sapere a quali condizioni" le forze politiche possano definire una "grande maggioranza", ma in ogni caso si assicura che Macron è "dalla parte dei francesi, garante delle istituzioni e soprattutto dell'espressione del loro voto". Il punto, si sottolinea, è garantire "stabilità", cioè che "il governo sia in grado di non cadere alla prima mozione di censura presentata".

I problemi di tenuta

Da questo punto di vista l'ostacolo principale sembra essere l'eventuale presenza nell'esecutivo della sinistra radicale di Jean-Luc Melenchon, con il tributo che continua a minacciare (in solitudine) di chiedere le dimissioni di Macron. Con ministri della France Insoumise la mozione di censura scatterebbe praticamente da tutti i gruppi avversari: il campo centrista guidato da Macron, la destra moderata e quella estrema del Rassemblement National. Proprio il partito di Marine Le Pen e Jordan Bardella, terza forza politica del Paese con i suoi alleati, sarà ricevuta da Macron lunedì, ma in ogni caso rifiuta qualsiasi governo di coalizione. Mai in Francia un presidente aveva impiegato così tanto tempo per nominare un capo del governo dopo le elezioni legislative. In quest'atmosfera di sospensione a Matignon resta in carica il premier dimissionario Gabriel Attal, ma solo per gli affari correnti. Al Paese invece serve quanto prima un esecutivo nel pieno delle funzioni per affrontare subito i principali dossier. A partire dalla legge di bilancio, la cui stesura sarà complicata, dopo la fine delle deroghe Ue al patto di stabilità.