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La repressione di Maduro, morti e centinaia di arresti

Dopo le accuse di brogli da parte dell’opposizione, la gente è scesa in piazza: il presidente contestato non vuole mollare il potere e schiera la polizia

Il Venezuela brucia
(Keystone)
30 luglio 2024
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Sale col passare delle ore la tensione in Venezuela. Il presidente Nicolas Maduro, al centro delle denunce di brogli elettorali che gli sarebbero valsi la rielezione, gioca la carta del golpe e promette il pugno di ferro contro le manifestazioni, spostando l'obiettivo sugli atti vandalici e le contestazioni violente. "È in atto un colpo di Stato, un piano dell'estrema destra per una rivoluzione", come quelli di Capriles, Lopez e Guaidò”, ha denunciato il leader socialista mostrando le immagini della protesta mentre nel Paese si abbattono i monumenti iconici della rivoluzione bolivariana e si bruciano i ritratti dell'eterno comandante Chavez.

Un piano dei “gringos”

"I fascisti - ha detto Maduro - vogliono iniziare un'escalation di terrorismo. Conosciamo questo modus operandi" che è già stato utilizzato "dall'estrema destra" nel tempo e "sappiamo come affrontare questa situazione". Dietro questo piano, ha accusato, "ci sono i gringos", è un piano di destabilizzazione "made in Usa" per una "controrivoluzione violenta". Il "golpe", come l'ha chiamato Maduro a più riprese in una conferenza stampa fiume, diventa così la giustificazione per la repressione e gli arresti a tappeto.


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Scritta contro Maduro a La Guaira

A dare il bollettino delle operazioni delle forze chaviste in tutto il Paese è stato il procuratore Alex Saab, che ha annunciato 749 arresti. E sono almeno quattro i morti e una cinquantina i feriti, secondo le ong in difesa dei diritti umani. Ma i numeri sono destinati a crescere perché, ha spiegato il presidente venezuelano, "li abbiamo filmati e li identificheremo tutti, e dovranno pagare", aggiungendo che in larga parte sono "gruppi di delinquenti armati e drogati, pagati 150 dollari al giorno, come loro stessi stanno già confessando".

Oltre il voto

Ormai il tema della discussione per Maduro non sono più le schede elettorali e le presunte manipolazioni del risultato delle consultazioni di domenica. Il Paese sta rapidamente scivolando nella violenza e in una stretta autoritaria che colpisce direttamente anche esponenti politici di spicco. Tra gli arrestati c‘è anche il capo di Volontà Popolare, Freddy Superlano, alleato della leader dell'opposizione Maria Corina Machado e dell'ex ambasciatore Edmundo Gonzalez Urrutia, principale avversario di Maduro alle urne. Superlano è stato portato via da un commando di uomini incappucciati, come mostrano le immagini di un video girato da un vicino di casa. "Maduro ha ordinato di massacrare i manifestanti nelle strade e ora sta arrestando l'opposizione", è stato l'allarme lanciato dal partito.


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Scontri a Caracas

Sudamerica in fibrillazione

L'ambasciata argentina a Caracas, dove da settimane sono rifugiati esponenti del coordinamento della campagna elettorale di Gonzalez, è stata invece invitata a smobilitare al più presto, come quelle di altri sei Paesi, e oggi è stata anche lasciata senza corrente elettrica: un dettaglio che descrive bene l'aria che tira ormai nella capitale venezuelana, sempre più isolata dal resto del mondo. Gonzalez da parte sua ha espresso solidarietà ai manifestanti e chiesto clemenza alla polizia. Ma la retorica incalzante di Maduro lascia poco spazio alle illusioni. "Vi avevo avvertito sul bagno di sangue - ha detto ancora l'erede di Chavez - è quello che stanno cercando di fare. Ma io ristabilirò la pace".

L'organizzazione degli Stati americani nel frattempo ha convocato una riunione d'urgenza dopo aver pubblicato un comunicato in cui si denuncia una "manipolazione straordinaria" del voto. L'establishment socialista "ha applicato uno schema repressivo, accompagnato da azioni atte a distorcere completamente il risultato elettorale", si afferma, mentre i leader della regione guardano con profonda preoccupazione a quanto accade. C’è una fibrillazione di consultazioni tra le capitali. Joe Biden ha sentito il brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva, mentre il Cremlino ha esortato l'opposizione ad abbassare la testa. "Devono accettare la sconfitta" è stato il messaggio di Mosca. Mentre da Pechino Xi Jinping ha promesso a Maduro di portare la partnership tra i due Paesi alleati verso nuove vette.


Keystone
Un bambino davanti a una statua di Chavez distrutta

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