Il figlio è reo confesso del femminicidio di Giulia Cecchettin: ‘Ho detto delle fesserie, cercate di capirmi, temevo che si suicidasse’
È un colpo di spugna su quelle parole ‘inaccettabili’ per i familiari di Giulia Cecchettin quello che cerca di dare adesso Nicola Turetta, il papà del giovane Filippo, reo confesso del femminicidio della ragazza di Vigonovo. "Chiedo scusa per quello che ho detto a mio figlio. Gli ho detto solo tante fesserie. Non ho mai pensato che i femminicidi fossero una cosa normale. Erano frasi senza senso. Temevo che Filippo si suicidasse" dice Nicola Turetta, parlando dopo mesi di silenzio.
Era difficile che la pubblicazioni di quelle frasi dal sapore assolutorio e tranquillizzante verso un figlio accusato di omicidio – "Non sei l'unico... Ci sono altri 200 femminicidi!" – non sollevassero un'onda di indignazione. A iniziare dalla famiglia Cecchettin. E infatti era arrivata la replica di Elena, la sorella di Giulia, che nelle stories su Instagram aveva invitato a rifiutare "ogni normalizzazione del femminicidio". "Continuiamo a fare rumore, a rompere questo silenzio omertoso – aveva aggiunto –. Per Giulia, per tutti gli altri ‘duecento’ femminicidi, nessuna vittima resti solo statistica".
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I funerali di Giulia Cecchettin
Anche l'Ordine dei Giornalisti, con il presidente Carlo Bartoli, interviene sulla vicenda: "il dovere del giornalista – dice – è distinguere cosa è essenziale per la comprensione dei fatti da ciò che è pura e semplice incursione nel dramma di genitori di fronte a un figlio che ha commesso un crimine terribile. Un dramma umano, quello del padre e della madre, che va rispettato". "Non è in gioco la terzietà del giudice – afferma – così come da quel colloquio non emerge alcun elemento rilevante per le indagini e, quindi, di interesse pubblico".
Nicola Turetta e la moglie Elisabetta avevano fatto di tutto finora per star lontani dai riflettori. Ma dopo che i media hanno diffuso gli stralci di quella conversazione privata, del 3 dicembre, il primo colloquio in carcere a Verona col figlio, l'uomo ha sentito il bisogno di scusarsi. "Quegli instanti per noi erano devastanti. Non sapevamo come gestirli. Vi prego, non prendete in considerazione quelle stupide frasi. Vi supplico, siate comprensivi", dice. "C'erano stati tre suicidi a Montorio in quei giorni – ricorda –. Ci avevano appena riferito che anche nostro figlio era a rischio". Letto ieri delle sue frasi sui media, Nicola Turetta dice di non essere riuscito a dormire. "Sto malissimo. Sono uscito di casa per non preoccupare ulteriormente mia moglie e l'altro mio figlio. Ora si trovano ad affrontare una gogna mediatica dopo quel colloquio pubblicato dai giornali. Io ed Elisabetta avevamo appena trovato la forza di tornare al lavoro. Abbiamo un altro figlio a cui pensare, dobbiamo cercare di andare avanti in qualche modo, anche se è difficilissimo. Chi avrà il coraggio di affrontare gli sguardi e il giudizio dopo quei titoloni che mi dipingono come un mostro... Ero solo un padre disperato. Chiedo scusa. Provo vergogna per quelle frasi, non le ho mai pensate, in quegli istanti ho solo cercato di evitare che Filippo si suicidasse".
L'uomo spiega che il figlio, in carcere a Verona dal 25 novembre scorso, e atteso il 23 settembre al processo in Assise, "si rende conto di quello che ha fatto. Siamo riusciti infatti ad affrontare l'argomento. Vuole scontare la sua pena. Non ha nessuna speranza o intenzione di sottrarsi alle sue responsabilità". Parole che prendono nettamente le distanze da quelle frasi, ora definite disperate, dette al figlio. E che ieri hanno spinto Elena Cecchettin a riprendere la parola per "Giulia e per le altre: scandalizzarsi per quello che è stato intercettato, e continuare a normalizzare la gelosia, scusare l'amico solo perché ‘un po’ possessivo', o scherzare su stupro o femminicidio fa parte del problema. Scandalizzarsi e basta senza cambiare i propri comportamenti non porta a nulla".