Oltre 200 le rinunce di esponenti della sinistra o macronisti a favore di chi ha più chance di battere il candidato del ‘Rassemblement’
Lo sbarramento contro l’estrema destra ha preso forma martedì in Francia in vista del secondo turno delle elezioni legislative (domenica prossima), con oltre 210 candidati di sinistra o macronisti che si sono ritirati a favore dei loro rivali per evitare che il Rassemblement National (Rn) ottenga la maggioranza assoluta.
Il deposito delle candidature, che si è chiuso ufficialmente alle 18, fornisce un quadro chiaro del volto di queste elezioni storiche, innescate dallo scioglimento shock dell’Assemblea nazionale da parte del presidente Emmanuel Macron il 9 giugno. In massima parte di sinistra (127) o del campo macronista (81), questi candidati erano arrivati terzi al primo turno in una circoscrizione in cui il Rn era risultato primo. In totale, con oltre 210 ritiri registrati dall’agenzia Afp, rimangono solo un centinaio di triangolari e quadrangolari (tre o quattro candidati qualificati) sui 311 previsti domenica scorsa.
Spesso senza entusiasmo, questi ritiri hanno lo scopo di impedire al Rn e ai suoi alleati di formare un governo che sarebbe storico, dato che l’estrema destra non è mai stata al potere nel Paese dalla Seconda Guerra Mondiale.
La maggior parte delle proiezioni degli ultimi giorni indicano che il Rassemblement National farà fatica a raggiungere la maggioranza assoluta di 289 deputati. Gli analisti propendono per lo scenario di tre blocchi all’Assemblée (estrema destra, sinistra, macronisti). Ciò potrebbe rendere il Paese ingovernabile, proprio mentre si prepara a ospitare i Giochi Olimpici.
Il presidente del Rn, Jordan Bardella, 28 anni, a cui spetterà il posto di primo ministro in caso di maggioranza assoluta del suo partito, ha denunciato delle «alleanze del disonore» e ha invitato gli elettori a dargli le chiavi del potere «di fronte alla minaccia esistenziale per la nazione francese» che secondo lui la sinistra rappresenta. La figura di spicco dell’estrema destra, Marine Le Pen, ha parlato martedì della possibilità di formare un governo con una maggioranza relativa di 270 deputati, integrata da sostenitori, «ad esempio vari esponenti di destra, vari esponenti di sinistra, alcuni Lr» (Les Républicains, destra).
Macron, che ha aperto la porta a questa ondata di estrema destra convocando queste elezioni anticipate, lunedì ha detto ai suoi ministri che «nemmeno un voto» dovrebbe andare al Rn. Un modo per rispondere a coloro che, all’interno della sua maggioranza, come il ministro dell’Economia Bruno Le Maire, vedono sia il Rn che La France insoumise (Lfi, un partito di sinistra radicale i cui membri sono stati accusati di aver flirtato con l’antisemitismo durante la campagna elettorale per le elezioni europee) come nemici.
Ma la voce del presidente francese, che non ha preso la parola pubblicamente da giovedì scorso e una lettera pubblicata domenica, non ha più peso nel suo stesso campo. I suoi gli rimproverano il cocente fallimento del primo turno e la sua retrocessione al terzo posto, molto indietro rispetto al Rn e alla sinistra. «Sono il leader della maggioranza, sto conducendo questa campagna» e «l’importante è la mia parola», ha dichiarato il primo ministro Gabriel Attal. Il capo di Stato, che dovrebbe partecipare al vertice della Nato a Washington la prossima settimana subito dopo le elezioni, è indebolito anche sulla scena internazionale, che guarda al risultato di domenica con attenzione e preoccupazione.
Se il Rn non riuscisse a governare, i macronisti, parte della sinistra e alcuni esponenti di Lr potrebbero costruire una ‘grande coalizione’, comune in altri Paesi europei ma estranea alla tradizione politica francese. Attal ha parlato di una «Assemblea plurale», il deputato di Llr Xavier Bertrand di un «governo di rinascita nazionale». Ma un rappresentante della sinistra radicale, Manuel Bompard, ha escluso che Lfi partecipi a una tale coalizione.