La tedesca proposta per un secondo mandato alla testa della Commissione. Eletto Antonio Costa, scelta Kaja Kallas. Evitato a metà lo strappo con Meloni
Dietro le quinte, a Bruxelles il negoziato è andato avanti fino a tarda sera per portare a bordo anche l’Italia e scongiurare che l’intesa raggiunta negli scorsi giorni fosse bocciata da un Paese fondatore dell’Unione, con uno strappo destinato ad allargarsi nel segreto delle urne del voto finale all’Eurocamera a metà luglio, facendo pericolosamente vacillare il bis della delfina di Angela Merkel. La partita sui ‘top jobs’, comunque, era già stata chiusa.
I leader dei Paesi Ue in effetti hanno blindato l’accordo siglato martedì tra sei leader europei – tra cui il francese Emmanuel Macron e il tedesco Olaf Scholz, ma non una risentita Giorgia Meloni – appartenenti alla ‘grande coalizione’ di popolari, socialdemocratici e liberali, sulla scia delle elezioni europee del 9 giugno. Colpi di scena dell’ultimo minuto non si potevano escludere. Alla fine però è arrivato il sì dei Ventisette alla triade che la tedesca Ursula von der Leyen forma con l’estone Kaja Kallas e il portoghese Antonio Costa per i nuovi vertici comunitari. L’Italia – stando all’agenzia Ansa, che cita “più fonti diplomatiche” – si sarebbe astenuta sulla proposta all’Eurocamera della futura presidente della Commissione e avrebbe votato contro l’elezione di Costa a presidente del Consiglio dei ministri e la scelta di Kallas quale Alto rappresentante per gli affari esteri.
Oltre al casting europeo e al varo dell’Agenda strategica (il documento che dà il programma d’indirizzo alla nuova legislatura), al vertice del Consiglio dei ministri è stato firmato con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, presente a Bruxelles, un accordo sugli “impegni di sicurezza” nei confronti di Kiev. Martedì l’Ue ha ufficialmente avviato i negoziati di adesione con Ucraina e Moldavia.
Che Ursula von der Leyen fosse una predestinata a guidare l’Europa lo si capisce già dalla sua carta d’identità: Ursula Gertrud Albrecht è tedesca ma è nata a Ixelles, uno dei quartieri iconici di Bruxelles. Ed è nella capitale belga, che nel 2019, l’allora ex ministra tedesca della Difesa fa ritorno da trionfatrice dopo che, al termine di tre giorni di negoziato e sulla spinta di Emmanuel Macron, i 27 decidono di voltare le spalle a Manfred Weber virando su un candidato all’epoca di seconda fila. Il 16 luglio l’Eurocamera la incorona presidente della Commissione lanciandola verso un quinquennio segnato da guerre e crisi epocali. Anni segnati anche da forti malumori nei suoi confronti. Lei, tuttavia, è riuscita a incassare il sì dei leader per il suo bis. E ora, ad attenderla, c’è il difficile esame dell’Eurocamera.
Von der Leyen nasce l’8 ottobre del 1958. Suo padre, Ernst, è uno dei primi funzionari pubblici del continente a lavorare per la Commissione. Lei frequenta la scuola europea a Bruxelles e solo dopo il diploma torna nel suo Paese di origine. Si laurea in medicina a Hannover. Conosce, nel frattempo, Heiko von der Leyen, discendente di una nobile famiglia teutonica. I due si sposano nel 1986 e avranno sette figli. Nel 1990, invece, Ursula sposa la causa della Cdu (centro-destra). Lì comincia la sua ascesa politica: nel 2005 Angela Merkel la sceglie come ministra della Famiglia. Dal 2009 al 2013 è alla guida del dicastero del Lavoro e degli Affari Sociali. Diviene infine la prima ministra donna della Difesa nella storia della Germania.
Nel 2019, ormai da presidente della Commissione europea, punta tutto sul Green Deal. Ma poi arriva la pandemia. L’Europa trainata dal suo carattere di ferro riesce a coniare il Green Pass per mantenere una certa libertà di circolazione. Un effetto simile von der Leyen riesce a innescarlo quando Vladimir Putin attacca l’Ucraina. La corsa dell’Ue a sganciarsi dal gas russo è uno dei successi della ‘sua’ Commissione, che si ritrova tuttavia ad affrontare una crescente ‘fatigue’ dei governi nel sostegno a Kiev.
Appassionata di cavalli, così stakanovista da alloggiare a Palazzo Berlaymont, sobria, accusata dai suoi detrattori di essere un’accentratrice: von der Leyen, per cercare il bis, ha cambiato volto tentando di mostrare il suo lato più umano. Non risparmiandosi una campagna elettorale in giro per l’Europa.
Per Kaja Kallas, prima premier donna dell’Estonia, la politica è di casa. Suo padre, Siim Kallas, è stato primo ministro dal 2002 al 2003 e commissario europeo dal 2004 al 2014. La figlia Kaja, classe 1977, studia legge. Nel 2010 inizia la militanza nel Partito Riformista. Classe 1977, scala ben presto il cursus honorum politico estone. Eletta deputata nel 2011, nel 2014 si trasferisce all’Eurocamera, dove serve sino al 2018. Quell’anno vince la corsa per la guida del partito e poi, l’anno dopo, lo porta al 29%, battendo nettamente i Popolari. La premiership arriva nel gennaio del 2021. Con l’invasione russa in Ucraina, Kallas diventa una delle voci più forti a sostegno di Kiev. Non a caso a febbraio da Mosca viene spiccato un mandato di arresto contro di lei per aver rimosso monumenti celebrativi dell’Armata Rossa in Estonia.
L’ascesa di Antonio Costa alla presidenza del Consiglio europeo avviene a pochi mesi da un drammatico passo indietro nello scandalo per corruzione che ha travolto il governo portoghese. Con tanto di surreale errore giudiziario (un caso di omonimia con un ministro del suo governo), ammesso dalla magistratura quando la frittata (le sue dimissioni, con lui che si proclama estraneo ai fatti) era già fatta. Socialista, 62 anni, figlio di scrittori e con origini indiane, la sua è una carriera politica spettacolare: ministro di Antonio Guterres, capolista alle elezioni europee nel 2004 e vicepresidente all’Eurocamera all’inizio della sesta legislatura, ministro di José Socrates, primo cittadino di Lisbona, apprezzato premier dal 2015 (maggioranza assoluta conquistata nel 2022). Stimato dagli altri leader dell’Ue, alle ultime elezioni europee – dopo lo scandalo del novembre 2023 – è risultato il grande vincitore, non solo morale.