Estero

Scoppia il caso Orbán, Ue stanca dei veti su tutto

Non solo la guerra in Ucraina, Budapest paralizza la politica estera a Bruxelles

Putin e Orbán, coppia che fa infuriare Bruxelles
(Keystone)
27 maggio 2024
|

L'Ucraina è il caso più emblematico e sensibile. Ma non è il solo. Budapest, con i suoi veti, ormai sta paralizzando la politica estera dell'Unione europea – si fanno gli esempi della Georgia, dell'Armenia, persino di Gaza – e la stanchezza, al Consiglio Affari Esteri, si è trasformata in aperta ostilità, c’è chi dice per la prima volta. "Abbiamo avuto una discussione animata, le legittime obiezioni nazionali devono essere proporzionali: gli aiuti militari a Kiev non possono essere presi in ostaggio da altre questioni", ha commentato l'alto rappresentante Josep Borrell confermando essenzialmente le indiscrezioni trapelate dalla sala consiliare. Al centro dello scontro l'opposizione di Budapest a erogare i finanziamenti – 5 miliardi di euro – del nuovo Fondo per l'Ucraina, creato all'interno del Fondo europeo per la pace (Epf). Oltre che tre tranche di rimborsi da 500 milioni ciascuna. Gran totale: 6,5 miliardi. La motivazione? Pare le condizioni sfavorevoli per le aziende ungheresi in Ucraina.

‘Posizione pro-russa’

"La posizione ungherese sta diventando apertamente pro-russa, non si può più parlare di approccio transazionale" spiega all'ANSA una fonte bene informata. "Serve trovare una soluzione pratica", dice, sollevando l'ipotesi di una ‘investitura’ del Consiglio europeo. Anche perché il primo di luglio la presidenza di turno passerà all'Ungheria e diversi Stati membri, a questo punto, temono che i dossier più spinosi (per Budapest) possano finire su un binario morto, magari persino con un occhio alle esigenze di un certo Donald Trump e della sua campagna per tornare alla Casa Bianca.

La ministra tedesca degli Esteri, Annalena Baerbock, ha intimato apertamente all'Ungheria di "rimuovere il veto", sottolineando che "l'Europa è forte quando è unita". "Non possiamo accettare che un solo Paese, che pure aveva sottoscritto la misura pochi mesi fa al Consiglio europeo, blocchi ora questo aiuto cruciale per l'Ucraina", le ha fatto eco l'omologa belga Lahbib. "Siamo contrari al veto, vogliamo avanzare", ha confermato anche il ministro italiano Antonio Tajani.

Ma Budapest punta i piedi e annuncia pure il veto al 14esimo pacchetto di sanzioni, perché contrario agli "interessi energetici nazionali". "Il ministro Szijjártó è inutile, ripete la propaganda del suo capo e basta, serve parlare direttamente con Orbán", è l'analisi di un'altra fonte altolocata che rende bene l'idea di quanto i toni ormai siano ben poco diplomatici. I numeri d'altra parte stanno diventando imbarazzanti.

Bloccato il 41% delle decisioni su Kiev

Il lituano Gabrielius Landsbergis ha calcolato che "il 41% delle decisioni collettive" dell'Ue sull'Ucraina è stato bloccato da Budapest. "Sul Fondo di assistenza per Kiev ho sette atti legislativi fermi ed è un ritardo che si conta in vite umane", ha stigmatizzato Borrell. Che ha poi chiesto agli Stati membri – ma si rivolgeva in realtà a uno solo – di non fermare i decreti sull'uso degli extraprofitti russi per dare aiuti militari all'Ucraina (circa altri 2,8 miliardi), tanto più che Budapest ha già ricevuto un'esenzione su entrambi i capitoli. Insomma, la sfiducia dei 26 (forse con la sola eccezione della Slovacchia) è ormai palpabile.

Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔