All’opposizione non riesce il colpaccio, ma il risultato per il presidente uscente non è entusiasmante. Si rivota il 28 maggio.
Recep Tayyip Erdogan ha chiuso in testa il primo round delle elezioni presidenziali, ma non è stato l'ennesimo trionfo della sua carriera politica. Il Sultano ha sempre vinto al primo turno le precedenti consultazioni dal 2014 a oggi, mentre stavolta si è fermato al 49,5% e sarà costretto a inseguire la conferma il 28 maggio, quando è fissato il ballottaggio con Kemal Kiliçdaroglu.
Il leader della coalizione dei partiti di opposizione ha ottenuto quasi il 45% delle preferenze, un'enormità che pure potrebbe non bastargli: al secondo turno sono in molti a vedere Erdogan favorito, anche perché potrebbe intercettare la stragrande maggioranza dei voti di Sinan Ogan, candidato di una coalizione di piccoli partiti di estrema destra che ha raccolto poco più del 5%.
Nel cuore della notte Erdogan è comparso sul balcone della sede del suo partito Akp ad Ankara, dove tradizionalmente ha sempre festeggiato i suoi successi elettorali, e ha annunciato che rispetterà il responso delle urne fra due settimane. Un ballottaggio che lo sfidante a sua volta si è detto sicuro di vincere, promettendo di lottare "fino alla fine" per battere Erdogan. "Io sono qui e voi siete qui", ha detto Kiliçdaroglu mettendosi una mano sul cuore in un video diffuso sui social. Il suo partito, il laico e socialdemocratico Chp, ha incassato più deputati rispetto alle precedenti consultazioni nelle elezioni per il rinnovo del parlamento, ma la maggioranza dell'assemblea è ancora sotto il controllo di Erdogan. Anche questa però per il Sultano è una vittoria in chiaroscuro: è vero che l'Akp del presidente ha ottenuto più voti di tutti, ma il partito ha eletto meno parlamentari rispetto alla precedente legislatura e Erdogan gode della maggioranza in aula solo grazie alla formazione di destra nazionalista Mhp e all'islamista Yeniden Refah Partisi, due partiti della coalizione che lo hanno sostenuto e ai quali dovrà rendere continuamente conto. Tra le note positive per lui c'è invece il fatto di essere riuscito a mantenere alti i consensi anche nella zone del sudest anatolico devastate dal sisma che in febbraio ha ucciso oltre 50mila persone.
Venendo agli spettatori internazionali, Mosca si aspetta che, indipendentemente dal risultato che ci sarà nel ballottaggio, la cooperazione con Ankara "continuerà e si approfondirà". L'Ue, che pure avrebbe visto con favore un'affermazione di Kiliçdaroglu, ha comunque apprezzato la grande partecipazione al voto che ha sfiorato il 90%. "È un'ottima notizia perché fa capire che il popolo vuole esercitare il proprio diritto democratico. Attendiamo la seconda tornata e vedremo", ha commentato la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, sottolineando che Ankara "è un partner importante" per Bruxelles. Infine, dopo le contestazioni delle opposizioni di ieri, la missione dell'Osce presente da aprile in Turchia per il monitoraggio elettorale ha fatto sapere di non aver rilevato manipolazioni nel processo di scrutinio delle schede, ma ha denunciato che "la copertura mediatica ha favorito il partito di governo" durante la campagna elettorale.
E in Medio Oriente cosa si dice? In un contesto sempre più multipolare, dove il dominio statunitense sembra lasciare il passo alla crescente influenza di Cina e Russia a sostegno dei processi di normalizzazione dei rapporti regionali, come quelli tra Iran e Arabia Saudita e tra Siria e Turchia, le cancellerie dei Paesi a est del Mediterraneo e del Golfo sperano che il presidente turco Recep Tayyip Erdogan si riconfermi al potere. Fonti diplomatiche occidentali e ambienti di intelligence in Medio Oriente sono convinti che a Damasco come a Riad, al Cairo come ad Abu Dhabi, si preferisca continuare a negoziare con "un rivale conosciuto", come Erdogan, piuttosto che "ricominciare le trattative da capo con un possibile alleato, ma del tutto sconosciuto", Kiliçdaroglu. Sia l'Arabia Saudita che l'Egitto hanno solo di recente ripreso cordiali rapporti con la Turchia di Erdogan dopo anni di tensioni e aperta rivalità. Gli stessi Emirati Arabi Uniti, potenza del Golfo sempre più presente nel Mediterraneo, dopo un periodo di gelo nei confronti di Ankara hanno ora "buoni rapporti di lavoro" con il presidente turco. Analisti di intelligence e fonti diplomatiche a Beirut sottolineano inoltre come il candidato rivale di Erdogan in Turchia sia percepito nelle capitali arabe come "appoggiato dagli Stati Uniti". Anche perché, ricordano le fonti, la guerra in Ucraina ha finito per rafforzare la presenza politica e militare russa nel Mediterraneo orientale, a partire dalla convergenza di interessi con la Turchia di Erdogan, con l'Arabia Saudita di Muhammad ben Salman, persino con Israele di Benjamin Netanyahu. Mosca sta lavorando da più di un anno per normalizzare i rapporti tra la Siria del presidente Assad, a capo di un sistema di potere colpito da sanzioni Usa ed europee ma ormai riammesso a pieno titolo nel consesso panarabo. Secondo le fonti, l'istinto di autopreservazione, che unisce tutti i sistemi politici mediorientali, spinge i vari leader arabi dall'Egitto al Golfo a puntare sulla vittoria elettorale di Erdogan, anche soltanto per un pugno di voti.
Infine, una curiosità ‘di campanile’: il candidato dell'opposizione Kiliçdaroglu è stato il più votato dai turchi in Svizzera. Il 74enne ha ottenuto il 57,6% delle preferenze, mentre il presidente uscente Recep Tayyip Erdogan si è fermato al 40,3%. La partecipazione è stata del 56,8%, la più alta mai osservata in Svizzera. In totale gli aventi diritto registrati sono 105'820 e hanno potuto votare in tre città: se a Berna (64,3%) e a Zurigo (62,4%) ha prevalso Kiliçdaroglu, lo stesso non si può dire per Ginevra, dove il preferito è stato Erdogan (58,7%). A livello di parlamento, la scelta è caduta prioritariamente sul partito di Erdogan, l'Akp (di stampo islamico-conservatore), che ha ottenuto il 30,4% dei voti. Staccata la formazione del rivale, ovvero il Chp (forza laica e socialdemocratica), rimasta al 26,2%.