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Addio al medico eroe che denunciò la Sars e Tienanmen

Jiang costrinse Pechino ad ammettere l’epidemia e scrisse a Xi. Inneggiato sui social nonostante la censura

Jiang Yanyong, ex chirurgo militare cinese (Keystone)

Lottò contro l’insabbiamento da parte delle autorità cinesi dell’epidemia di Sars del 2003 e poi ebbe il coraggio di denunciare la repressione degli studenti voluta dal Partito comunista a Piazza Tienanmen. Jiang Yanyong, ex chirurgo militare, è stato celebrato sui social media in mandarino a dispetto della censura del Great Firewall a pochi giorni dalla sua scomparsa avvenuta sabato a Pechino all’età di 91 anni, per una polmonite.

‘Salvò centinaia di vite’

La notizia del decesso, riportata da amici di famiglia e dai media in lingua cinese di Hong Kong, è stata l’occasione per tanti di ricordare Jiang come "un eroe per aver salvato centinaia di vite umane" dopo aver scritto una lettera dai toni duri allo scoppio della crisi della Sars in cui rivelò che i funzionari cinesi stavano minimizzando la minaccia, finendo per tutta risposta agli arresti domiciliari.

Il caso di Li Wenliang

La sua esperienza è stata spesso accostata alle fasi iniziali della pandemia del Covid-19, quando Li Wenliang, un oculista di Wuhan, fu indagato dalla polizia per "aver diffuso voci" dopo aver tentato di mettere in guardia a dicembre 2019 su un "virus simile alla Sars" che si diffondeva velocemente. Dopo essersi ammalato di Covid, Li si chiese sui social perché le autorità stessero dicendo che nessun medico fosse stato infettato, prima di morire a causa del virus a febbraio 2020.

La Sars, invece, colpì nel 2003 oltre 8’000 persone nel mondo causando 774 decessi, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Jiang lavorava in un ospedale di Pechino ad aprile di quell’anno, quando fu allarmato nel sentire il ministro della Sanità dire che c’era solo una manciata di casi di una malattia respiratoria mortale: replicò che più di 100 persone avevano già contratto la Sars - la sindrome respiratoria acuta grave - solo nei reparti degli ospedali militari.

Poi scrisse una lettera sulle bugie della versione ufficiale alle emittenti statali cinesi: fu ignorata ma raggiunse i media stranieri, che invece la pubblicarono integralmente.

Le sue rivelazioni costrinsero il governo ad ammettere di aver fornito informazioni false, spronarono l’Oms ad intervenire per frenare il contagio e portarono al licenziamento del ministro della Sanità e del sindaco di Pechino.

Accanto ai manifestanti

L‘anno successivo Jiang lanciò un’altra sfida invitando a riconoscere che la repressione del 1989 contro i manifestanti di Piazza Tienanmen fu un errore e che centinaia, forse migliaia, di civili erano stati uccisi. Raccontò l’esperienza di chirurgo all’Ospedale generale dell’Esercito popolare di liberazione (il ’Pla 301’) a Pechino la notte del 4 giugno, dopo che la leadership comunista optò per l’azione di forza, su come le autorità "agirono in modo frenetico, usando carri armati, mitragliatrici e altre armi per sopprimere studenti e cittadini del tutto disarmati".

Lui e sua moglie, Hua Zhongwei, furono arrestati, ma il chirurgo rimase fermo sulle sue posizioni: nel 2019, a trent’anni dalla strage, rilanciò e scrisse una nuova lettera al presidente Xi Jinping, denunciando la repressione di Tienanmen come "un crimine". La reazione fu ancora più dura: arresti domiciliari e isolamento senza alcun contatto telefonico con il mondo esterno.

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