Accuse al governo italiano e all’Ue: “250 persone morte in un mese, grande rabbia”
L’obiettivo è uno, tornare con le navi in mare a salvare vite umane. La strategia delle Ong è chiara, fare pressioni sul governo e sulla comunità europea per ritagliarsi un ruolo di primo piano nel Mediterraneo, per portare in salvo chi si trova in difficoltà nel tentativo raggiungere le coste europee. Da Mediterranea ad Alarm Phone il fronte è compatto e comune. "Almeno 250 persone sono morte nell’ultimo mese - è la drammatica conta di Sos Méditerranée -. Questo fa molta rabbia, oltre a lasciare desolati, perché è il risultato di decisioni politiche. La mancanza di coordinamento dei soccorsi e l’assenza di mezzi europei rendono il Mediterraneo centrale la rotta più letale al mondo".
Mentre continua a imperversare la polemica sull’ennesimo naufragio di ieri al largo delle coste libiche, le organizzazioni non governative continuano a puntare il dito contro il governo Meloni accusato di lanciare "messaggi feroci a chi prova ad arrivare nel nostro Paese". Peppe De Cristofaro, capogruppo dell’Alleanza Verdi e Sinistra - partito di riferimento dell’Ong Mediterranea - annuncia "battaglia, in Parlamento e nel Paese" contro l’atteggiamento dell’esecutivo nei confronti delle loro imbarcazioni e dei migranti in mare.
Accuse verso l’Europa arrivano direttamente da Mediterranea, secondo la quale il naufragio di ieri - con oltre 30 dispersi - è anche colpa dell’Unione Europea. Secondo Luca Casarini, capomissione dell’Ong, il portavoce della Commissione Europea, Peter Stano, avrebbe mentito sulle responsabilità. "Il naufragio - sostiene - è avvenuto in acque internazionali, e proprio all’interno della Aoo (area of operations) di Eunavformed. Le navi militari erano lì, hanno ricevuto il messaggio Inmarsat C di allarme diffuso dal centro di controllo di Roma, ma non si sono mosse, pur essendo questo un preciso obbligo per ogni nave presente, previsto dalla Convenzione di Amburgo".
La battaglia, dunque, è tutta politica in un momento piuttosto delicato in cui l’Italia si prepara a mettere in atto il nuovo decreto flussi, con l’ennesima stretta sull’immigrazione. A pesare è, in particolare, il provvedimento approvato alla Camera un mese fa che disciplina le operazioni delle imbarcazioni delle ong. Nuove stringenti regole - con multe che possono arrivare fino ai 50 mila euro - che vanno dal divieto di salvataggi multipli al raggiungimento immediato del porto sicuro. Un decreto, convertito in legge appena quindici giorni fa, che ha scatenato l’inevitabile protesta di ong, enti umanitari e realtà del terzo settore, che hanno parlato di "barbarie di Stato".
Un murale che inneggia al gruppo Wagner (Keystone)
Nella sua guerra dichiarata ai trafficanti di esseri umani, l’Italia punta il mirino contro la Russia, e i mercenari della Wagner al soldo di Mosca. Con la loro influenza in Nord Africa, è il ragionamento a più voci del governo, usano i flussi di migranti come arma ibrida, e serve l’intervento di Ue e Nato.
Per il ministro degli Esteri Antonio Tajani "molti migranti arrivano da aree controllate dalla Wagner e non vorrei ci fosse un tentativo di spingere migranti verso l’Italia". "L’aumento esponenziale" delle partenze, avverte Guido Crosetto, è "in misura non indifferente, parte di una strategia chiara di guerra ibrida che la divisione Wagner, mercenari al soldo della Russia, sta attuando, utilizzando il suo peso rilevante in alcuni paesi Africani".
Un problema "evidenziato dagli addetti ai lavori e un’allerta in questo senso era già giunta dai servizi come dal Copasir", precisa poi il ministro della Difesa, replicando a Angelo Bonelli (Avs), che lo invita a "vergognarsi" per quelle parole.
Al ministro arriva anche un pesante insulto in russo (mudak) dal capo della Wagner, Yevgeny Prigozhin: "Dovrebbe guardare meno in altre direzioni e occuparsi dei suoi problemi, che probabilmente non è riuscito a risolvere. Noi non siamo al corrente di ciò che sta succedendo con la crisi migratoria, non ce ne occupiamo, abbiamo un sacco di problemi nostri di cui occuparci".
Nel governo, però, c’è la convinzione che l’influenza russa sia un motivo in più per potenziare il controllo sul fianco Sud dell’Europa, come già avvenuto a Est. Anche perché sotto i fondali delle rotte migratorie, nel canale di Sicilia e nell’Adriatico, sempre più battuti da navi russe, corrono i gasdotti, linee di comunicazione energetica strategiche per l’Italia e non solo.