Leadership blindata per sfidare gli Usa, l’orizzonte è il 2032
Xi Jinping conquista il terzo mandato quinquennale anche al vertice della Cina, consolidando la presa quasi assoluta sul potere mentre si profilano numerose e impegnative sfide, con la competizione sempre più dura con gli Stati Uniti. L’elezione, decisa all’unanimità dai quasi 3’000 delegati del Congresso nazionale del popolo, il ramo legislativo del parlamento, fa di Xi, 70 anni il prossimo 15 giugno, il leader più longevo della Repubblica popolare sin dalla fondazione nel 1949, superando per mandati anche Mao Zedong.
Se il ruolo di presidente è stato rimodellato dal leader nel primo decennio con nuovi poteri de facto, la conferma unanime alla guida della potente Commissione militare centrale lo mantiene anche nel ruolo strategico di commander-in-chief, capo delle forze armate. Con questo doppio passaggio, Xi ha completato senza sorprese, nell’atmosfera asettica della grande sala del popolo, il rinnovo delle cariche avviato ad ottobre 2022 con il XX Congresso del Partito comunista che, sempre per la terza volta, gli aveva affidato la segreteria generale con il ruolo di "nucleo" dell’intero Pcc.
Sarà ancora lui quindi il leader (per alcuni osservatori fino al 2032) e sarà lui a portare avanti l’ambizioso progetto di "rinnovamento" della Cina e della costruzione di una "potente e moderna nazione socialista sotto tutti gli aspetti", perché non è ancora apparso un successore.
Il vicepremier uscente Han Zheng, che a ottobre aveva lasciato il Comitato permanente del Politburo, è stato nominato alla vicepresidenza della Repubblica: la posizione, in passato, era stata usata per preparare il ricambio generazionale e i nuovi vertici, così come era accaduto per lo stesso Xi. Ma Han compirà a breve 69 anni, troppi per essere considerato il delfino.
Il consolidamento del potere prevede l’inserimento di volti nuovi e di assoluta fedeltà nei posti chiave della gestione statale. Domani, infatti, è attesa la salita a premier di Li Qiang, strettissimo alleato promosso a numero due del partito ad ottobre. Xi ha iscritto il suo nome e il suo contributo ideologico nella Carta del Pcc, imponendo la lotta senza sconti alla corruzione che ha portato ad indagare oltre 4 milioni e mezzo di funzionari di partito, nonché tanti nemici politici.
Mao resta sempre Mao (Keystone)
Gli scenari non promettono nulla di buono, nei piani cinesi per arrivare a un nuovo ordine mondiale: con un inconsueto attacco all’inizio della settimana, il presidente ha accusato esplicitamente gli Usa e l’Occidente di voler "contenere e reprimere a tutto tondo" la Cina, appellandosi all’unità contro "i rischi e le sfide da affrontare che non faranno che aumentare".
La tensione con gli Stati Uniti sono altissime: il nuovo ministro degli Esteri Qin Gang ha ammonito che se Washington "non tirerà il freno e continuerà sul sentiero sbagliato, ci saranno sicuramente conflitti e scontri" con conseguenze "catastrofiche". Il dossier Taiwan ("la prima linea rossa" per Pechino) e l’Ucraina, su cui gli Usa lamentano la mancata condanna dell’aggressione della Russia (Vladimir Putin è stato tra i primi a complimentarsi con Xi per la rielezione) e la copertura diplomatica offerta, sono altri fattori di turbolenza con Washington.
E non va meglio sotto il profilo economico viste le difficoltà della Cina dopo tre anni di politica della ‘tolleranza zero’ al Covid, la crisi del settore immobiliare e la stretta sul settore privato, a partire dall’hi-tech. Le stime sul Pil per il 2023 sono "intorno al 5%", le più basse degli ultimi decenni, mentre export e consumi hanno sofferto nei primi mesi dell’anno. La svolta marxista-leninista sull’economia imposta al congresso, come sorgente ideologica di una visione del mondo che pone la Cina dalla parte giusta della storia e gli Stati Uniti in preda all’inevitabile declino capitalista, non ha aiutato l’arrivo degli investimenti stranieri.
Intanto, Zhao Leji, numero tre del Pcc, è salito alla presidenza del Congresso nazionale del popolo, che ha approvato l’ampio progetto di riforma istituzionale e del governo che interessa sicurezza, finanza, tecnologia e anche l’annosa questione del calo demografico. Mentre Wang Huning, l’ideologo di Xi e numero 4 del partito, è diventato presidente della Conferenza politica consultiva del popolo, il ramo consultivo del parlamento.