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Migranti: fino a 30 anni per gli scafisti

Nuovo decreto flussi più stringente dopo la tragedia di Cutro

Un gruppo di migranti salvati dalla Marina italiana (Keystone)

Stretta su trafficanti e scafisti, con pene fino a 30 anni per chi causa più morti in mare, porte aperte agli ingressi legali con il decreto flussi che diventa triennale, potenziamento della rete dei Centri per i rimpatri, compressione alla protezione speciale con un ritorno ai decreti Salvini. Il Governo approva a Cutro - teatro del naufragio del 26 febbraio che ha fatto 72 morti - il decreto legge che prova a ridisegnare il tema dell’immigrazione considerata la "straordinaria necessità e urgenza di adottare disposizioni in materia di flussi di ingresso legale dei lavoratori stranieri e di prevenzione e contrasto all’immigrazione irregolare".

INASPRIMENTO PENE PER TRAFFICANTI E SCAFISTI - Sul versante del contrasto c’è un inasprimento delle pene per chi "promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato": finora la reclusione era da 1 a 5 anni oppure da 5 a 15 anni: passerà rispettivamente da 2 a 6 anni e da 6 a 16 anni. Si introduce quindi un nuovo articolo ("Morte o lesioni come conseguenza di delitti in materia di immigrazione clandestina"). Quando il trasporto è attuato "con modalità tali da esporre le persone a pericolo per la loro vita o per la loro incolumità o sottoponendole a trattamento inumano o degradante", il reato è punito "con la reclusione da 20 a 30 anni se dal fatto deriva, quale conseguenza non voluta, la morte di più persone. La stessa pena si applica se dal fatto derivano la morte di una o più persone e lesioni gravi o gravissime a una o più persone". Se muore una sola persona, prevista reclusione da 15 a 24 anni. Se derivano lesioni gravi o gravissime a una o più persone, la pena è da 10 a 20 anni. Se la condotta è diretta a procurare l’ingresso illegale nel territorio dello Stato, il reato "è punito secondo la legge italiana anche quando la morte o le lesioni si verificano al di fuori di tale territorio".

STRETTA SU PROTEZIONE SPECIALE - Il provvedimento riporta poi in vita la stretta sulla protezione speciale che era stata inserita in uno dei decreti sicurezza. Salvini nel 2018 aveva infatti abolito la protezione umanitaria offerta a chi non riceveva lo status di rifugiato né la protezione sussidiaria ma che al contempo non poteva essere allontanato dall’Italia. E l’aveva sostituita con la protezione speciale, che prevedeva criteri molto restrittivi per ottenerla, come una malattia o una calamità nel Paese di origine. Nel 2020 il ministro Luciana Lamorgese aveva nuovamente allargato le maglie della protezione speciale che ora il nuovo decreto restringerà. Nel 2022 sono stati 10.865 i beneficiari di protezione speciale, il numero più alto tra le 3 tipologie di protezione (le altre sono lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria).

DECRETO FLUSSI TRIENNALE - Il decreto flussi diventa triennale (2023-2025) e "qualora se ne ravvisi l’opportunità, ulteriori decreti possono essere adottati durante il triennio". Allo scopo di "prevenire l’immigrazione irregolare" le quote di ingressi saranno assegnate, "in via preferenziale", ai lavoratori di Paesi che, "anche in collaborazione con lo Stato italiano, promuovono per i propri cittadini campagne mediatiche aventi ad oggetto i rischi per l’incolumità personale derivanti dall’inserimento in traffici migratori irregolari". Anche al di fuori del decreto flussi, comunque, si legge nell’articolo 3, è consentito l’ingresso e il soggiorno per lavoro subordinato allo straniero residente all’estero che completa un corso di formazione professionale e civico-linguistica.

COMMISSARIAMENTO GESTIONE CENTRI MIGRANTI - Il decreto interviene poi sulla gestione dei centri per migranti: nel caso in cui gravi inadempimenti da parte dei gestori possano compromettere la continuità dei servizi, il prefetto può nominare un commissario per assicurare il mantenimento dei posti in accoglienza.

POTENZIAMENTO CENTRI PERMANENZA PER RIMPATRIO - C’è, infine il potenziamento della rete dei Centri di permanenza per i rimpatri. La realizzazione di queste strutture si può fare anche in deroga alla legge, fatto salvo il rispetto del codice antimafia e dei vincoli europei.

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