Qin: ‘Taiwan è la linea rossa. Con Mosca per il multipolarismo’
"Se gli Stati Uniti non frenano e continuano a correre sulla strada sbagliata, ci saranno sicuramente conflitti e scontri. Chi ne sopporterà le catastrofiche conseguenze?". Con toni pacati ma netti, il nuovo ministro degli Esteri cinese Qin Gang ha elencato uno dietro l’altro i moniti e le linee rosse all’indirizzo di Washington, dove fino a due mesi fa era ambasciatore della Repubblica popolare con lo specifico compito di stabilizzare i rapporti per conto del presidente Xi Jinping.
Nella sua prima conferenza stampa da capo della diplomazia a margine dei lavori annuali del parlamento, Qin ha voluto chiarire che "il contenimento e la repressione non renderanno grande l’America e non fermeranno il rinnovamento della Cina".
Un cambio di passo deciso, a dispetto delle attese di schiarita maturate dopo il summit presidenziale Xi-Biden al G20 di Bali di novembre: nel frattempo, i rapporti tra le due superpotenze si sono rapidamente deteriorati tra il pallone-spia cinese abbattuto dagli Usa, i report di intelligence sui piani cinesi per dare armi alla Russia contro l’Ucraina, i vari dossier dell’intelligence americana sull’ipotesi che il Covid-19 sia sfuggito da un laboratorio a Wuhan e il ripetuto ciclo di sanzioni contro le aziende del Dragone in nome della sicurezza nazionale.
Xi Jinping (Keystone)
Ma i pesanti giudizi di Qin rappresentano un ribaltone anche rispetto al videomessaggio di congedo da Washington pieno di parole di amicizia, corredato da una performance in casa degli Wizards durante una partita Nba (il basket è la vera religione cinese), con un’eccellente prova nel tiro da 3 punti. "Nella diplomazia cinese non mancano gentilezza e buona volontà, ma di fronte a lupi e sciacalli la Cina non ha altra scelta che affrontarli a testa alta", ha notato il ministro citando Confucio. "Quando sono andato per la prima volta negli Usa, i media dissero che era arrivato un lupo-guerriero, ma ora che sono tornato a Pechino non mi descrivono più così. Sono un po’ perplesso", ha chiosato Qin strappando una risata in sala.
Tra le mura domestiche in effetti l’esperto diplomatico ha dovuto indossare di nuovo i panni del lupo-guerriero, a partire da Taiwan, "la prima linea rossa" da non superare nelle relazioni sino-americane. Non a caso si è presentato con una copia rossa della Costituzione cinese per leggere l’apposito articolo che descrive l’isola ribelle come "parte del sacro territorio della Cina".
Le due sponde dello Stretto di Taiwan "appartengono a un’unica famiglia che si chiama Cina e le persone su entrambe le sponde sono fratelli e sorelle", ha aggiunto il ministro che ha criticato le diverse risposte di Washington alle questioni di Ucraina e Taiwan. "Perché gli Stati Uniti parlano del rispetto di sovranità e integrità territoriale sulla questione dell’Ucraina, ma non rispettano sovranità e integrità territoriale della Cina su Taiwan? Perché gli Stati Uniti chiedono alla Cina di non fornire armi alla Russia mentre continuano a vendere armi a Taiwan? Pechino non ha fornito armi ad alcuna delle due parti del conflitto ucraino. La Cina non è l’artefice della crisi, né una parte direttamente interessata. Perché minacciare allora le sanzioni alla Cina? Non è assolutamente accettabile", ha insistito il ministro degli Esteri, già autore dei discorsi di Xi, accennando a "una mano invisibile" che sembra sostenere una crisi prolungata invece di volere la pace.
Il rapporto sino-russo, inoltre, continuerà a crescere, malgrado le scomuniche lanciate dall’Occidente: se i due Paesi "lavorano insieme, il mondo avrà una forza trainante verso il multipolarismo e una maggiore democrazia nei rapporti internazionali". Anzi, "più turbolento è il mondo, più le relazioni Cina-Russia devono andare avanti", ha avvertito Qin. E se gli Stati Uniti, per bocca del portavoce del Consiglio per la Sicurezza nazionale John Kirby, hanno assicurato che vogliono avere con Pechino una "competizione strategica" ma che "non cercano il conflitto", la lettura che offre il neo ministro degli Esteri di Xi è diversa. "In realtà - ha detto - la cosiddetta competizione statunitense è il contenimento e la repressione a tutto campo, un gioco a somma zero in cui tu muori e io vivo". Parole in linea con l’inusuale accusa diretta rivolta lunedì direttamente da Xi agli Usa: "I Paesi occidentali guidati dagli Stati Uniti hanno rafforzato il contenimento e la repressione a tutto tondo della Cina, portando gravi sfide senza precedenti allo sviluppo del Paese".