libertà d’espressione

Il Nobel bielorusso Bialiatski condannato a 10 anni

I giudici: ‘Contrabbando di denaro’. Indignazione nel mondo. L’Ue: ‘Basta con questi processi farsa’

Ales Bialiatski durante il processo (Keystone)

Il regime di Aleksandr Lukashenko ha inflitto dieci anni di reclusione al premio Nobel per la Pace Ales Bialiatski sollevando un’ondata di indignazione in tutto il mondo. Il fondatore del centro per la difesa dei diritti umani Viasna è stato condannato assieme ad altri tre attivisti dell’Ong bielorussa in un processo di chiara matrice politica.

Le accuse ufficiali sono "contrabbando di denaro" e "finanziamento di manifestazioni di protesta con il pretesto di attività per i diritti umani": tutte imputazioni ritenute inventate di sana pianta per colpire chi ha denunciato le violenze e i soprusi con cui il governo di Minsk ha represso le pacifiche proteste antiregime del 2020. Oltre a Bialiatski - sempre per gli stessi motivi politici - sono stati condannati Valentin Stefanovich, a nove anni, Vladimir Labkovich, a sette, e Dmitry Solovyov, a otto. Quest’ultimo però ha lasciato la Bielorussia ed è sfuggito all’arresto, ed è stato quindi giudicato in contumacia.


Aleksandr Lukashenko (Keystone)

La risposta di Oslo

"Il processo e le accuse contro di lui sono motivate politicamente. La sentenza mostra che l’attuale regime sta usando tutti i mezzi per opprimere i suoi oppositori", ha commentato la presidente del Comitato norvegese per il Nobel, Berit Reiss-Andersen. Dure reazioni sono giunte anche da Varsavia, Parigi, Berlino e dall’Ue, che ha detto di condannare "con la massima fermezza questi processi farsa" e ha accusato il regime di Lukashenko - ‘l’ultimo dittatore d’Europa’ al potere dal 1994 - di voler "mettere a tacere coloro che si battono in difesa dei diritti umani e delle libertà fondamentali". "Dobbiamo fare di tutto per combattere questa vergognosa ingiustizia e liberarli", ha scritto su Twitter la più nota tra i leader dell’opposizione bielorussa, Svetlana Tikhanovskaya, costretta a lasciare il Paese dopo aver sfidato Lukashenko alle presidenziali di tre anni fa. Mentre l’Onu ha definito "allarmante" la detenzione arbitraria degli attivisti per "imputazioni di carattere politico".

L’arresto un anno fa

Bialiatsky è stato arrestato nel 2021, e l‘anno scorso, quando era già dietro le sbarre, è stato insignito del Nobel per la Pace assieme all’ong per la difesa dei diritti umani Memorial e all’organizzazione ucraina ’Centro per le Libertà Civili’. L’attivista, che oggi ha 60 anni, si occupa di difesa dei diritti umani da oltre un quarto di secolo e ha fondato l’ong Viasna (Primavera) nel 1996. Era stato condannato per motivi politici anche nel 2011, quando gli erano stati inflitti quattro anni e mezzo di reclusione per accuse di evasione fiscale ritenute inventate. Ufficialmente, Lukashenko ha vinto le presidenziali del 2020 con l’80% dei voti, ma questo risultato è considerato il frutto di massicci brogli elettorali e per mesi in Bielorussia si sono registrate proteste di massa contro il regime, represse brutalmente dalla polizia. Da allora, praticamente tutti i dissidenti sono stati costretti a lasciare il Paese o sono finiti in carcere. Secondo Viasna, oggi in Bielorussia ci sono almeno 1’458 prigionieri politici

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