Estero

Naufragio di Crotone, ‘non soccorrere è un crimine’

Dopo l’ennesimo dramma dei migranti (il cui bilancio è salito a 58 vittime) le Ong puntano il dito. Contro l’Italia, ma anche contro l’Europa

Lacrime e rabbia
(Keystone)
26 febbraio 2023
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La tragedia di Crotone è "frutto di precise scelte politiche" perché "non soccorrere è un crimine". Si leva alta la voce delle Ong dopo la morte di 58 migranti – questo al momento il triste bilancio – per il naufragio di un caicco avvenuto all’alba davanti alle coste del Crotonese: le critiche senza mezzi termini investono l’Italia ma anche l’Europa.

E il ricordo di Unicef va al piccolo Aylan, il bambino profugo morto nell’ottobre del 2015 su una spiaggia turca le cui immagini fecero il giro del mondo: "Non ci era bastata quella terribile immagine?".

"Dolore e sgomento" twitta SeaWatch, l’organizzazione tedesca no-profit che opera nel Mediterraneo centrale, che rimarca: "Intollerabile che l’unica via d’accesso all’Europa sia il mare.

L’assenza di missione di ricerca e soccorso europea è un crimine che si ripete ogni giorno". Per Sergio Di Dato, capoprogetto People on the Move, Medici Senza Frontiere, il naufragio "è un pugno nello stomaco, non ci sono altre parole": "Nel Mediterraneo si continua a morire in modo incessante in un desolante vuoto di capacità di soccorso. A poche decine di chilometri dalle coste italiane, quando la meta era davanti agli occhi, è annegato il futuro di decine di persone che cercavano una vita più sicura in Europa. È umanamente inaccettabile e incomprensibile perché siamo sempre qui ad assistere a tragedie evitabili". Msf ha dato la disponibilità alle autorità per attivare un primo soccorso psicologico per i sopravvissuti.

Pesante il j’accuse di Emergency: "Il dramma di Crotone è il frutto di precise scelte politiche che impediscono vie di accesso legali e sicure all’Europa. Con la Life Support continueremo a fare la nostra parte, a soccorrere chi è in difficoltà e a salvare vite, ma i fatti dimostrano che è necessario che l’Italia e l’Europa organizzino una missione di ricerca e soccorso, mettano mano a una riforma del sistema di accesso, asilo e accoglienza e aprano vie legali di ingresso per chi cerca una possibilità".

Non accetta frasi fatte come "mai più" Andrea Iacomini, portavoce di Unicef Italia: "Le immagini di questi corpi e di queste donne ci rimandano ad Aylan e a tutto quello che è successo negli ultimi dieci anni. Tutti quelli che oggi si stupiscono o si indignano le hanno già viste tragedie simili. Il nostro, il mio personale dolore oggi è un invito a non dividersi più. Non è più il tempo dell’indifferenza. La politica deve fare un salto di qualità e non salire su queste vicende, chi prima e chi dopo, per contrastarsi. Ci vuole buon senso e dialogo e speriamo che gli impegni che stiamo ascoltando in questi momenti e dettati dal dolore proseguano perché altrimenti domani mattina il rischio è che tutto questo torni nell’indifferenza. La domanda che mi pongo è: di nuovo abbiamo dovuto vedere i corpi dei bambini morti e delle mamme morte per poterci indignare? Non c’era bastato Aylan? Basta, mai più, adesso bisogna trovare soluzioni, lo si può fare, la politica lo può fare".

Filippo Ungaro, direttore della Comunicazione di Save the Children Italia, critica le politiche italiane ed europee: "Ancora una volta, l’ennesima, ci troviamo a piangere la morte ingiusta di chi cerca un futuro migliore in fuga da guerre e povertà. Mentre la politica, in Italia e in Europa, pensa di risolvere con muri e restrizioni per le Ong".

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