L’elezione del nuovo speaker della Camera rischia di sfociare in un’impasse: Kevin McCarthy, il candidato più quotato, non ha al momento i voti necessari
Il 118º Congresso Usa si insedia oggi, più giovane e più diverso, con la tradizionale cerimonia del giuramento e il voto per l’elezione dello speaker della Camera. Questa apre l’era post Pelosi dopo che i repubblicani l’hanno riconquistata a Midterm con una maggioranza risicata (222 seggi).
Il suo successore in pectore, Kevin McCarthy, non ha però al momento i 218 voti necessari e per la prima volta in 100 anni saranno necessari forse più round di votazioni, come nel 1923, quando il repubblicano Frederick Gillett fu rieletto al nono scrutinio. Circa due decine di compagni di partito non hanno rivelato come voteranno e cinque sono fermamente contro di lui per dubbi sulle sue credenziali conservatrici e varie dispute personali.
Si tratta di una pattuglia di deputati dell’ala più a destra e più trumpista, che lo tengono politicamente in ostaggio e che sono destinati in ogni caso ad accrescere la loro visibilità, il loro potere di interdizione e di condizionamento. Nel caso McCarthy non riuscisse a far cambiare idea ai suoi detrattori con le ampie concessioni promesse su vari fronti, potrebbe emergere come alternativa il deputato italo-americano della Louisiana Steve Scalise, più ideologico e più vicino alla destra, proiettato per ora a diventare leader della maggioranza alla House.