Mehdi Bahman aveva criticato il regime ospite di una tv israeliana, la polizia è entrata a casa sua senza mandato mentre stava lavorando
Prima condanna a morte in Iran per un intellettuale che alle proteste anti-regime ha partecipato senza scendere in piazza ma rilasciando nei mesi scorsi un’intervista alla tv israeliana in cui esprimeva critiche alla Repubblica islamica. Lo scrittore e illustratore Mehdi Bahman è accusato di spionaggio a favore di Israele, ha riferito il sito web Iran International, di proprietà saudita e con sede a Londra. L’artista è stato arrestato in ottobre e portato nel reparto di sicurezza 209 della famigerata prigione di Evin, dove vengono rinchiusi i dissidenti. La polizia è entrata a casa sua senza mandato mentre stava lavorando.
L’autore dei racconti ‘Bone-Burning Cold’, privato del diritto di avere un avvocato, lavora da 20 anni a favore della convivenza religiosa. Due sue copie miniate del Libro dei Salmi e di Esdra sono conservate nella Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti. Bahman ha collaborato con il religioso sciita dissidente Masoumi Tehrani con il quale ha creato opere d’arte con simboli di diverse religioni, donandole poi ai leader delle minoranze religiose in Iran. Anche Tehrani, secondo Iran International, è finito in prigione pochi giorni dopo l’arresto di Bahman. La notizia della condanna a morte di un personaggio così famoso nella vita culturale del Paese è diventata virale sui social. "Mehdi è una delle persone più onorevoli che abbia mai conosciuto. Spionaggio è l’accusa per sopprimere la sua attività politica", ha twittato il giornalista iraniano Farzad Seifikaran. Intanto non si fermano le proteste di piazza, scatenate a settembre dalla morte della giovane curda Mahsa Amini mentre era in arresto per non aver indossato correttamente il velo islamico.
Oggi, dopo la preghiera del venerdì, la foto della Guida suprema dell’Iran Ali Khamenei è stata bruciata durante una manifestazione a Zahedan, nella provincia del Sistan-Baluchistan, dove vive la comunità baluchi che professa l’Islam sunnita, e per questo motivo vessata dal regime sciita della Repubblica islamica. "L’esercito commette crimini, Khamenei lo sostiene, morte alla Guida suprema", hanno scandito i manifestanti. Così come nelle scorse settimane ogni venerdì a Zahedan le donne hanno protestato gridando "rovesceremo il regime".
A scendere simbolicamente in campo oggi anche l’imam della minoranza sunnita Maulawi Abdul Hamid, che durante il sermone ha criticato l’arresto e le uccisioni di bambini e adolescenti durante le proteste: "L’Islam raccomanda di essere gentili con i bambini. La Repubblica islamica a volte tiene un bambino in carcere finché non cresce e lo giustizia. Questo è sbagliato", ha affermato. E proprio dal carcere, quello di Semnan, è arrivata la lettera aperta ai manifestanti di una dissidente. Maryam Akbari Monfared, prigioniera politica reclusa da 13 anni, ha incitato i giovani che protestano a non abbandonare la lotta contro il regime: "Figlie e figli miei coraggiosi che siete per strada, la voglia di stare al vostro fianco mi riempie ogni momento. Ho tenuto la fiamma accesa per tutti questi anni con la rabbia per le torture a cui ho assistito: la resistenza è nel nostro cuore", ha scritto.