Estero

Impiccato in Iran un altro manifestante

Continuano le proteste. La sfida delle detenute di Evin: ‘sit-in contro il boia’

Proseguono le manifestazioni in tutto il mondo (Keystone)
12 dicembre 2022
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Il volto coperto da un cappuccio nero, la testa piegata da un lato, il collo stretto da un cappio appeso a una gru. Dopo l’impiccagione all’alba, il corpo di Majidreza Rahnavard è rimasto appeso per le strade di Mashhad, la città dove era nato e cresciuto. Il ragazzo di 23 anni era stato arrestato circa tre settimane fa, durante le dimostrazioni anti governative che sono in corso in Iran da settembre, ed è il secondo a essere mandato al patibolo tra i manifestanti arrestati.

Solo pochi giorni fa era stato giustiziato il primo tra i condannati per le proteste, Mohsen Shekari, anche lui poco più che ventenne. Majidreza Rahnavard è stato condannato per avere ucciso due paramilitari Basiji durante le dimostrazioni. Un video pubblicato dai media di regime mostra il ragazzo colpire i paramilitari ma secondo il suo avvocato un’altra parte del video, non pubblicata, mostra come le forze dell’ordine abbiano per prime attaccato i manifestanti. Quando la madre lo aveva visitato in carcere per l’ultima volta se ne era andata col sorriso, ignara della condanna a morte, con l’illusione che il figlio potesse essere presto rilasciato. La famiglia ha appreso invece che la condanna era stata eseguita questa mattina alle 7 ricevendo una telefonata. "Andate al cimitero per trovare vostro figlio sepolto".

Le polemiche

Per il direttore di ‘Iran Human Rights’, ong con sede ad Oslo, Mahmood Amiry-Moghaddam il ragazzo è stato "condannato a morte per una confessione forzata, dopo un processo spettacolo altamente ingiusto". La ong parla di "dozzine di condanne a morte" e denuncia "il serio rischio di esecuzioni di massa di dimostranti".

Secondo i media dissidenti, i condannati alla pena capitale dopo l’arresto durante le proteste sono almeno 28. Ieri era trapelata la notizia della condanna alla pena capitale per un ex calciatore e un attore teatrale mentre il padre di un 22enne condannato a morte per avere ucciso un paramilitare della forza Basij ha fatto sapere che l’avvocato assegnato al figlio non si sta interessando al suo caso, come se l’esito fosse già scontato.


Khomeini e Khamenei celebrati per le strade di Teheran (Keystone)

L’Ue ha oggi invitato "le autorità iraniane a porre immediatamente fine alla pratica fortemente condannabile di imporre ed eseguire condanne a morte contro i manifestanti, nonché ad annullare senza indugio le recenti condanne alla pena capitale già pronunciate nel contesto delle proteste in corso e a garantire un giusto processo a tutti i detenuti". Bruxelles aveva annunciato "dure" misure per condannare la repressione delle proteste pacifiche e oggi ha aggiunto 20 persone e un ente all’elenco delle persone soggette a misure restrittive nell’ambito del regime di sanzioni sui diritti umani in vigore in Iran.

Il contrattacco di Teheran

Poche ore prima della decisione dell’Ue, Teheran aveva già preparato una ritorsione e ha annunciato sanzioni contro 10 individui e 5 entità europee. Nella lista compaiono politici e militari tedeschi e anche il settimanale satirico francese Charlie Hebdo, che nei giorni scorsi aveva indetto una competizione internazionale per vignettisti chiedendo di inviare una caricatura della Guida suprema dell’Iran Ali Khamenei.

La condanna alle autorità iraniane non arriva solo dall’estero ma continua a crescere anche all’interno del Paese. Un gruppo di prigioniere politiche rinchiuse nel famigerato carcere di Evin a Teheran hanno oggi annunciato un sit-in per protestare contro le esecuzioni di manifestanti e a sostegno delle proteste.

Come era già successo nel caso del primo dimostrante mandato al patibolo, una dura condanna alla nuova esecuzione è arrivata anche da un gruppo di religiosi. "La partecipazione a qualsiasi cerimonia organizzata da questo regime tirannico è haram (religiosamente proibita) fino a quando non sospenderanno le esecuzioni", ha annunciato uno di loro, l’ayatollah Mahmoud Amjad, istruttore al seminario di Qom. Critiche che per ora non sembrano fermare l’azione punitiva della Repubblica islamica. "Non siamo preoccupati di essere incolpati da nessuno", ha detto il capo della magistratura iraniana Gholamhossein Ejei. "Siamo precisi e veloci durante i processi equi dei nostri casi giudiziari e non badiamo alle chiacchiere e alla volontà altrui", ha aggiunto il funzionario.

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