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Conto alla rovescia per la candidatura di Trump

Tutto pronto a Mar-a-Lago per il discorso in prime time (alle 3 di notte in Svizzera)

Donald Trump prova a tirarsi su (Keystone)
14 novembre 2022
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Prati tosati al millimetro, decorazioni dorate tirate a lucido, palcoscenico con grandi bandiere americane e palloncini: è tutto pronto nella lussuosa residenza di Donald Trump a Mar-a-Lago in Florida per il ‘very big announcement’, ossia il lancio della sua terza candidatura alla Casa Bianca, come ha confermato il suo consigliere Jason Miller. "Sarà un discorso molto professionale, molto abbottonato", ha assicurato, facendo sorridere chi è abituato all’improvvisazione incendiaria del tycoon. L’appuntamento per i media americani e di tutto il mondo è fissato alle 21 locali (le 3 di notte in Svizzera), prime time in Usa.

"Sarà forse il più importante discorso nella storia degli Stati Uniti", ha anticipato l’ex presidente, sfidando quanti nel suo entourage e nel partito gli hanno consigliato almeno di rinviare l’annuncio dopo essere diventato il capro espiatorio del flop del partito a Midterm per aver imposto fallimentari candidati estremisti e negazionisti della vittoria di Joe Biden nel 2020. Ma per tentare di riemergere Trump ha bisogno di accelerare la discesa in campo per due motivi. Il primo è avere uno scudo immediato contro la spada di Damocle delle varie inchieste che lo incalzano, in particolare quelle del Dipartimento di giustizia per i documenti classificati custoditi a Mar-a-Lago e per l’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021 (dove ha già impugnato il mandato di comparizione): da martedì potrà dichiararsi un perseguitato politico. Il secondo è giocare d’anticipo su tutti i possibili rivali.


‘Gesù è il mio salvatore, Trump il mio presidente’ (Keystone)

A partire da Ron DeSantis, che dovrà attendere un po’ prima di lanciare la sua campagna presidenziale, essendo appena stato riconfermato a valanga governatore della Florida, dove ha vinto con un vantaggio di 20 punti in uno Stato che il tycoon ha conquistato per appena 3 punti. Ma la lista si allunga sempre di più, mentre dentro il partito si è aperto il dibattito sul ‘post Trump’. In cima all’elenco c’è anche il suo ex vicepresidente Mike Pence, che sta indossando i guanti per assestargli i primi colpi. Come l’intervista ad Abc, in cui lo ha accusato di aver usato "parole e azioni sconsiderate" il 6 gennaio 2021, quando lo rimproverò pubblicamente di non avere il coraggio di bloccare la certificazione della vittoria di Biden, "mettendo in pericolo la vita mia, della mia famiglia e di tutti coloro che erano dentro il Capitol". Accuse ribadite in un libro di memorie che esce proprio in coincidenza con l’annuncio del suo ex boss.

Tra gli altri papabili, l’ex segretario di Stato Mike Pompeo, l’ex ambasciatrice all’Onu Nikki Haley, l’emergente governatore della Virginia Glenn Youngkin (che nel 2021 ha vinto in uno Stato dove Biden aveva avuto 10 punti di vantaggio) e l’ex governatore del New Jersey Chris Christie, che si è detto "stufo di perdere" a causa di Trump, dopo le débâcle delle Midterm del 2018, delle Presidenziali del 2020 e delle ultime Midterm, in cui i dem hanno conservato il Senato e i repubblicani sono proiettati a riprendersi a stento la Camera per una manciata di seggi (ora siamo 204 a 212, con 19 poltrone da assegnare per arrivare al quorum di 218), senza l’atteso tsunami rosso.

La strada di uno sfidante di Trump comunque potrebbe essere tutta in salita alle Primarie repubblicane. Secondo il sondaggista repubblicano Whit Ayres, l’elettorato Gop si può dividere in tre blocchi. Quello più piccolo, il 10%, è il gruppo dei ‘never Trumpers’, quelli che si sono sempre opposti al tycoon; gli ‘always Trumpers’, la base sempre per Trump, sono il 40%, mentre il restante 50% sono i ‘maybe Trumpers’, repubblicani che l’hanno votato due volte e che generalmente amano le sue politiche ma che ora sono desiderosi di evitare il caos che solitamente l’accompagna e quindi sono pronti a sostenere qualcun altro che le porti avanti in modo meno ingombrante. "La domanda quindi diventa: chi può farlo?", chiede Ayres. Intanto nel Grand Old party si apre la guerra interna anche per la leadership alla Camera e al Senato, con l’ala più conservatrice che vorrebbe mettere in discussione Kevin McCarthy e Mitch McConnell, mentre la speaker dem Nancy Pelosi attende i risultati definitivi per decidere il suo futuro. (ANSA)

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