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Iniziato il processo per il crollo del Ponte Morandi

Autostrade e la società di manutenzioni Spea chiedono di non essere citate come responsabili civili, non pagando così i risarcimenti in caso di condanna

L’immagine simbolo del crollo del Ponte Morandi (Keystone)
13 settembre 2022
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Dopo quattro anni dal crollo del ponte Morandi, il viadotto autostradale collassato il 14 agosto 2018 causando la morte di 43 persone, parte ufficialmente il processo. E inizia subito con due richieste. La prima è di Autostrade e Spea, la società che si occupava delle manutenzioni, di non essere citate come responsabili civili e cioè di non pagare i risarcimenti in caso di condanna (le due società hanno già patteggiato una pena di 30 milioni per uscire dal processo). La seconda è quella dei pubblici ministeri di sfoltire il numero delle parti civili e degli oltre 1200 testimoni citati. I giudici decideranno la settimana prossima.

Il processo era iniziato il 7 luglio ed era stato rinviato subito al 12 settembre. L’udienza di lunedì era saltata per l’astensione degli avvocati indetta per protestare contro la carenza di organico nel tribunale genovese e il conseguente blocco degli altri procedimenti con udienze fissate nel 2025. I pm Massimo Terrile e Walter Cotugno si sono espressi in maniera favorevole sull’esclusione delle due società mentre i legali delle parti civili si sono opposte. Aspi e Spea avevano già chiesto di essere escluse in udienza preliminare ma il gup aveva respinto. La maggior parte dell’udienza è stata dedicata al numero monstre delle parti civili.


Il ponte dopo il crollo (Keystone)

In udienza preliminare il giudice ne aveva ammesse oltre 300 e altrettante se ne erano costituite all’inizio del processo. Numeri a cui si aggiungono i testimoni. "Un processo con 1.228 testimoni che porterebbe a un potenziale di 155 mila tra esami e controesami è un processo che non si può fare e non avrà mai fine", ha detto il pm Terrile nel corso dell’udienza. "La lista testi della procura conta 177 persone, quelle dei 59 imputati oltre 387 e quelle delle parti civili oltre 664. Con questi numeri il processo non avrà fine diversa da quella dell’estinzione dei reati - ha continuato il sostituto procuratore -. L’interesse primario è provare la responsabilità penale degli imputati e non accertare e liquidare i danni ai danneggiati i cui diritti non vengono pregiudicati ma posticipati ad altra sede". Per questo la procura ha chiesto di escludere tutti i testimoni delle parti civili.

I parenti delle vittime: disgustati

Alcune richieste di costituzione di parti civili hanno fatto indignare i parenti delle vittime. "Siamo disgustati - hanno detto dentro l’aula dedicata al pubblico - che coraggio hanno di chiedere i risarcimenti in questa sede di fronte ai nostri morti. Potrebbero andare in sede civile per ottenere lì quello che chiedono". "Quello che ci preoccupa davvero - ha spiegato Egle Possetti, portavoce del Comitato ricordo parenti vittime del crollo del Morandi - è il possibile numero abnorme delle parti nel processo che allungherebbe in maniera inaccettabile i tempi".

In udienza preliminare il giudice aveva escluso dalle parti civili il Comitato che però ha chiesto di nuovo a inizio processo la costituzione. Secondo il giudice il comitato non era stato costituito prima del crollo. Intanto è saltato il trasferimento dei reperti nella prima area che era stata individuata a luglio. È stato trovato un nuovo capannone al Manesseno, a Sant’Olcese. A processo ci sono 59 persone tra ex dirigenti e tecnici di Autostrade e Spea, ex e attuali dirigenti del ministero delle Infrastrutture e del Provveditorato delle opere pubbliche della Liguria. Secondo l’accusa tutti sapevano delle condizioni del ponte ma non sarebbero state fatte le manutenzioni per risparmiare. Nelle prossime settimane la procura chiuderà le indagini per l’inchiesta sull’incuria delle infrastrutture nata dopo il crollo e riguardante le barriere antirumore difettose, le gallerie non a norma e i falsi report sugli altri viadotti che vede coinvolte 56 persone.

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