Estero

Ancora razzi vicino alla centrale di Zaporizhzhia

Allarme dell’Aiea: russi e ucraini si accusano a vicenda. Le navi del grano finalmente si muovono

Un soldato russo davanti alla centrale di Zaporizhzhia (Keystone)

Terrore russo" a Zaporizhzhia. Le parole sono del presidente ucraino Volodymyr Zelensky e segnano un nuovo picco nei botta e risposta fra Kiev e Mosca che si accusano a vicenda sull‘utilizzo della centrale nucleare, la più grande d’Europa, come ‘arma’ nella guerra di parole e non solo che non accenna a placarsi ma si intensifica piuttosto, con un secondo bombardamento in 24 ore sull’impianto ’conteso’.

Ancora una volta i militari ucraini denunciano un attacco russo: "Questa notte circa 60 razzi di tipo ‘Grad’ sono caduti sugli insediamenti costieri tra Nikopol e Zaporizhzhia, 40 dei quali sul villaggio di Marhanets", sulla sponda nord del fiume Dnipro, a soli 10 km dalla centrale nucleare di Zaporizhzhia sulla sponda sud". La parte filo-russa ha la sua versione: le truppe ucraine hanno attaccato un’area della centrale nucleare di Zaporizhzhia vicina alla zona di stoccaggio del combustibile nucleare esaurito danneggiando alcuni edifici amministrativi, ha reso noto l’ufficio stampa dell’amministrazione di Enerhodar, la città nella parte occupata dai russi della regione di Zaporizhzhia.

Sale la preoccupazione

Rilancia anche l’Aiea, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, chiedendo che un suo team possa recarsi sul posto: "Proprio come abbiamo fatto a Chernobyl e nell’Ucraina meridionale all’inizio dell’anno. Possiamo mettere insieme una missione di sicurezza, protezione e salvaguardia e fornire l’assistenza indispensabile e la valutazione imparziale di cui c’è bisogno", scrive in un tweet il direttore generale dell’Aiea, Rafael Mariano Grossi.


Proteste anti-russe a Leopoli (Keystone)

Sembra un film già visto, eppure giorno dopo giorno i toni si fanno più accesi, le reciproche accuse più risolute, addirittura più circostanziate, come a conferma che il conflitto attorno a Zaporizhzhia è adesso tanto strategico quanto simbolico, non fosse altro che per la particolare condizione dell’impianto, che resta amministrato da Kiev ma è situato nella città di Enerhodar, nel sud-est dell’Ucraina lungo il fiume Dnipro, territorio dove le forze russe hanno guadagnato un avamposto e che in gran parte controllano. Ciò crea una particolare ‘convivenza’ con i militari russi che presidiano la zone e ne fa teatro di scontro, ad altissima intensità, considerato l’elevato livello di rischio.

Il caso grano

Intensità, quindi, che non accenna a diminuire quando su altri fronti invece sembrano confermarsi quei primi spiragli che erano stati dettati dall’accordo sul grano i cui risultati al momento si concretizzano nella partenza di altre quattro navi, una diretta in Italia, con prodotti alimentari ucraini. Sono salpate da porti ucraini del Mar Nero, così come confermato da funzionari ucraini e turchi, nell’ambito dell’accordo per sbloccare l’export via mare del Paese. Tra questa, la Mv Mustafa Necati viaggia con 6mila tonnellate di olio di semi di girasole ed è diretta in Italia, a Monopoli. Le altre tre sono la Mv Glory, diretta a Istanbul con 66mila tonnellate di grano; la Mv Star Helena, diretta a Nantong/Machong (Cina) con 45mila tonnellate di farina; e la Mv Riva Wind, diretta a Iskenderun (Turchia) con 44mila tonnellate di grano.


Soldato ucraino davanti ai palazzi distrutti di Mykolaiv (Keystone)

Navi che sono un "segno di speranza" secondo papa Francesco che nel suo Angelus si sofferma proprio sull’Ucraina e per la prima volta dall’inizio del conflitto lo fa sottolineando motivi di sollievo e "soddisfazione", mentre si è sempre più vicini una possibile visita a Kiev del pontefice. "Questo passo dimostra che è possibile dialogare e raggiungere risultati concreti che giovano a tutti", ha detto Francesco. "Pertanto tale avvenimento si presenta anche come un segno di speranza - ha aggiunto - e auspico di cuore che seguendo questa strada si possa mettere fine ai combattimenti e arrivare a una pace giusta e duratura".

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