Estero

Macron: niente governo di unità nazionale

Il presidente francese conta di arrivare a un esecutivo di maggioranza attraverso dei ‘compromessi’

Keystone

Tre giorni di assordante silenzio, poi stasera un discorso di 10 minuti: il presidente francese Emmanuel Macron è tornato a parlare dopo il crollo elettorale di domenica scorsa e dopo aver perso la maggioranza assoluta. Ha escluso l’ipotesi di un "governo di unità nazionale" sul quale aveva consultato ieri i partiti, in maggioranza contrari. E lancia "un nuovo metodo", basato sui "compromessi": "i partiti - ha detto lanciando una sorta di ultimatum e rilanciando la palla nel campo dei leader avversari - dicano fin dove possono arrivare".

Aria seria ma non smarrita, Macron è sembrato voler in qualche modo contrattaccare. "Non giustificato" il governo di unità nazionale, resta soltanto la scelta di "imparare a governare in un altro modo", quella di "cercare una maggioranza più ampia e chiara".

Tradotto concretamente in un sistema che finora non ha mai conosciuto queste difficoltà, l’auspicio del presidente può significare una coalizione ampia con appoggi "esterni" oppure un cammino lungo il quale trovare "caso per caso" gli appoggi per far passare in parlamento riforme e provvedimenti.

Mancano 44 voti

Il cammino è ancora tutto in salita per la coalizione governativa, alla quale mancano 44 voti per avere la maggioranza assoluta. E, fino ad oggi, dai Républicains - la destra moderata - non sono arrivati segnali concreti di una collaborazione affidabile.

Rilanciando la palla nel campo degli avversari, Macron non è andato troppo per il sottile, lanciando un ultimatum a 48 ore: "fino a dove sono disposti ad andare" lo dovranno dire "al mio ritorno". Cioè fra due giorni, quando Macron rientrerà in Francia dal Consiglio europeo: "fin dal mio ritorno da Bruxelles continueremo a costruire questo metodo nuovo". Che sarà basato su "compromessi, arricchimenti, emendamenti, ma tutto questo sempre in totale trasparenza". Perché, ha ammesso, "nessuna forza politica può fare oggi le leggi da sola".

Dai giardini dell’Eliseo, Macron ha registrato il discorso appena una decina di minuti prima della messa in onda delle tv, alle 20.00. È il segnale che fino all’ultimo ha cercato di limare le sfumature, le aperture, con toni a lui sconosciuti nel primo mandato, quando godeva di una maggioranza di 341 seggi su 577.

Ha dovuto ammettere le "fratture" emerse in queste elezioni, la "volontà di cambiamento che il paese ha chiaramente espresso". Ha reso omaggio ai responsabili politici che ha incontrato ieri nelle prime consultazioni e che, nessuno escluso, "hanno espresso il loro rispetto per le nostre istituzioni e la volontà di evitare che il nostro paesi resti bloccato". Poi ha pensato subito - citandole - a "Germania, Italia", dove questi scenari di incertezza politica sono più usuali.

Da subito, "fin da quest’estate", ha annunciato il presidente garantendosi l’appoggio dell’opinione pubblica per l’urgenza di agire, "serve una legge per il potere d’acquisto e perché il lavoro sia meglio pagato". E ancora, "andare verso il pieno impiego, scelte forti su energia e clima, misure urgenti per la sanità". Scomparsa quella che per lui era la riforma più importante, quella delle pensioni, alla quale dovrà certamente rinunciare.

E neppure un accenno alla premier Elisabeth Borne, che al momento è stata confermata ma il cui futuro resta in bilico, come ha tenuto a ricordare, subito dopo il discorso di Macron, un agguerrito Jean-Luc Mélenchon, leader della France Insoumise (sinistra): "la prima ministra deve presentarsi in Assemblea e chiedere la fiducia. Se non la ottiene, se ne deve andare".

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