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La Francia e i suoi alleati via dal Mali

La smobilitazione dopo nove anni. Macron: ‘Non abbiamo fallito, la lotta al terrorismo continua’

La smobilitazione dei soldati francesi
(Keystone)
17 febbraio 2022
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La Francia e i partner europei hanno confermato oggi il ritiro militare dal Mali, dopo nove anni di lotta al terrorismo di matrice jihadista condotta sul posto dai militari di Parigi: l’annuncio è stato ufficializzato questa mattina, all’indomani della cena di lavoro all’Eliseo sulla presenza militare nel Sahel a cui ha partecipato anche il premier Mario Draghi e poco prima dall’apertura a Bruxelles del vertice Ue-Africa.

A meno di due mesi dal voto presidenziale di aprile, Emmanuel Macron, pone fine alla presenza sul posto dell’operazione Barkhane, messa in campo nel 2014 con il G5 del Sahel e con una serie di alleati occidentali. E anche alla missione Takuba, creata nel 2020 e a guida europea – con la partecipazione dei soldati italiani. Parigi e i suoi alleati (oltre a quelli europei c’è anche il Canada) assicurano di voler comunque rimanere "impegnati nella regione", estendendo il loro "sostegno ai Paesi vicini del Golfo di Guinea e dell’Africa occidentale".


Emmanuel Macron durante la conferenza stampa (Keystone)

Doppio colpo di Stato

Con i rapporti con Bamako ridotti a zero, dopo due successivi colpi di Stato nel 2020 e nel 2021 e l’espulsione dell’ambasciatore francese a Bamako, Parigi ridisegna così la sua presenza nel Sahel, riposizionando i militari in altri Paesi vicini, Niger in testa. "Non possiamo restare impegnati militarmente al fianco di autorità di cui non condividiamo di fatto né la strategia né gli obiettivi nascosti", ha dichiarato Macron in conferenza stampa, puntando il dito contro la giunta che ha preso il potere in Mali. Una giunta, ha deplorato, che ricorre a "mercenari della società russa Wagner", con "ambizioni predatorie". Da parte sua, il capo della diplomazia Ue, Josep Borrell, ha detto che verificherà se esistono ancora le condizioni per confermare le missioni di formazione Ue sul posto, tra cui la cosiddetta Eutm. Il ritiro dal Mali avrà un "impatto" sulla Minusma, la missione dell’Onu in loco, che farà il necessario per "adattarsi", ha affermato il portavoce, Olivier Salgado. Minusma è tra le missioni di pace Onu più importanti e anche la più colpita in termini di perdite umane, con 154 Caschi Blu morti a causa di atti ostili.

Militari spostati in Niger

Macron e i 24 partner che hanno firmato la dichiarazione congiunta di Parigi assicurano comunque di non voler abbandonare la lotta al terrorismo nel Sahel e nel Golfo di Guinea, due territori divenuti – secondo le parole del presidente francese – "priorità strategica di espansione" per i terroristi di al-Qaida e dell’Isis. Militari europei presenti in Mali nel quadro delle forze speciali Takuba, compresi gli italiani, verranno dunque "riposizionati in Niger", al "fianco delle forze armate nigerine nelle zone di confine a rischio". "La lotta al terrorismo nel Sahel non può essere esclusiva dei Paesi africani", ha commentato da parte sua il presidente senegalese, Macky Sall, congratulandosi per il "rinnovato impegno a restare nella regione".

A meno di 90 giorni dal voto, Macron respinge le accuse secondo cui l’impegno francese in Mali sarebbe fallito. "Cosa sarebbe accaduto nel 2013 se la Francia non avesse fatto la scelta di intervenire? Avremmo certamente avuto il crollo dello Stato maliano", ha detto, evocando "numerosi successi" militari francesi, tra cui l’eliminazione di diversi capi jihadisti. Secondo dati dell’Eliseo, circa 25’000 uomini sono attualmente dispiegati nel Sahel, di cui 4’300 francesi (2’400 in Mali nel quadro dell’operazione Barkhane). Il Paese accoglie anche 15’000 soldati Onu (Minusma). La chiusura delle ultime basi francesi in Mali (Gao, Ménaka e Gossi) richiederà tra i "i 4 e i 6 mesi", secondo Macron, e c’è chi teme che il ritiro crei un vuoto securitario, lasciando il Paese in preda alle organizzazioni terroristiche.

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