Lo Stato insulare nell’Oceano Indiano ha simbolicamente ‘invaso’ un atollo al centro di una lunga contesa con il Regno Unito e issato la propria bandiera
La piccola Repubblica di Mauritius ha sfidato l’ex madrepatria, il Regno Unito, che sull’arcipelago a est del Madagascar ha dominato fino al 1968. Uno sparuto gruppo di funzionari, partecipanti ufficialmente a una spedizione scientifica nell’Oceano indiano, ha issato la bandiera rosso, blu, giallo e verde dello Stato africano sopra l’atollo di Pero Banhos nelle isole Chagos, al centro di una lunga contesa con Londra.
“L’invasione” via mare è stata del tutto pacifica, anche perché Mauritius (membro del Commonwealth) non dispone di un vero e proprio esercito, e si è conclusa con un atto che ricordava una conquista coloniale, in questo caso però in una sorta di pena del contrappasso inflitta simbolicamente agli ex conquistatori.
“Stiamo compiendo l’atto simbolico di alzare la bandiera, come hanno fatto tante volte gli inglesi per stabilire le colonie. Noi, però, reclamiamo ciò che è sempre stato nostro”, ha detto l’ambasciatore mauriziano alle Nazioni Unite, Jagdish Koonjul, a capo della spedizione.
L’importanza di questa impresa è stata confermata non solo dall’alzabandiera in cima a una collina e dall’inno suonato fra le palme e la spiaggia ma anche da un messaggio preregistrato del primo ministro mauriziano, Pravind Jugnauth, che è stato ascoltato dai funzionari e da una delegazione degli ex abitanti scacciati dalle Chagos tra il 1967 e il 1973 per fare spazio alla base militare Usa di Diego Garcia, tuttora in attività.
“È la prima volta che Mauritius conduce una spedizione in questa parte del suo territorio – ha dichiarato il premier – sono triste di non aver potuto far parte di questa visita storica ma sono lieto che i nostri fratelli e sorelle di Chagos possano viaggiare nel loro luogo di nascita senza alcuna scorta straniera” (britannica, ndr).
Per Jugnauth l’atto è del tutto legittimo e serve per ricordare quanto già affermato a livello internazionale. La Corte internazionale di giustizia ha infatti stabilito nel 2019 che la Gran Bretagna deve restituire le isole a Mauritius dopo la “separazione illegale”. La sentenza è stata ampiamente sostenuta da un voto dell’assemblea generale delle Nazioni Unite e accolta favorevolmente anche dal Papa.
Ma una scadenza dell’Onu per adempiere a quanto indicato è stata ignorata. E di fronte all’ultima impresa degli isolani, Londra ha ribadito la sua linea: non considera vincolanti queste disposizioni. “Il Regno Unito non ha dubbi sulla nostra sovranità sul territorio britannico dell’Oceano Indiano, che deteniamo ininterrottamente dal 1814. Mauritius non ha mai avuto la sovranità sul territorio e il Regno Unito non riconosce la sua pretesa”. E per abbassare i toni di quella che appare una dura presa di posizione ha precisato che non intende interferire con la “spedizione” scientifica in corso.
Non si sa ancora se la bandiera e la targa piazzata alla sua base verranno rimosse dai britannici in quello che sarebbe, stando al primo ministro di Mauritius, una “provocazione”. Sembra che però la sfida contro l’ex madrepatria sia destinata a fallire poiché in un’epoca di grandi tensioni internazionali la base di Diego Garcia resta un asset militare molto importante per gli alleati americani. Da lì si sono alzati in volo alcuni degli aerei (in particolare i B-52) che hanno bombardato l’Afghanistan e l’Iraq. Si è detto anche che sia stata usata per interrogare sospetti di terrorismo.
Nel 2016 la concessione per la base è stata estesa a tutto il 2036 e quindi gli esuli delle Chagos dovranno attendere ancora a lungo.