Estero

Trump spacca i repubblicani. McConnell: 6 gennaio sedizione

Vertici del partito divisi sull’assalto al Congresso. Le polemiche non promettono nulla di buono in vista delle elezioni di mid-term.

McConnell
(Keystone)
9 febbraio 2022
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New York – Donald Trump spacca il partito repubblicano aprendo una voragine fra i vertici conservatori. Se il leader del partito alla Camera Kevin McCarthy continua a difenderlo minimizzando l’assalto al Congresso del 6 gennaio, in Senato il taciturno Mitch McConnell attacca indirettamente l’ex presidente descrivendo l’attacco a Capitol Hill come una “violenta insurrezione”. Parole che scatenano l’ira del tycoon, perfettamente consapevole della potenza del leader in Senato: “Non parla per il Partito repubblicano e non rappresenta il punto di vista della maggior parte dei suoi elettori”, attacca Trump mettendo in evidenza come McConnell “non abbia fatto nulla per combattere e fermare le più fraudolente elezioni della storia americana”.

Dopo un idillio iniziale i rapporti fra McConnell e l’ex presidente si sono ormai incrinati, riflettendo le due anime di un partito sconvolto dal ciclone Trump e che fatica ancora dopo anni a ritrovare sé stesso. Una spaccatura che mette a rischio le prospettive dei conservatori alle elezioni di metà mandato di novembre, verso le quali si avviano tuttavia in vantaggio, dato lo scontento verso l’amministrazione Biden.

Lealtà interessata

Veterano della politica, McConnell è consapevole del rischio che corrono i repubblicani di farsi male da soli in un contesto che li vede superfavoriti. Le elezioni di metà mandato sono per tradizione sfavorevoli al presidente in carica, e ai conservatori – secondo gli osservatori – basterebbe criticare Joe Biden sull’inflazione e sulla gestione della pandemia per agguantare una facile vittoria ai seggi. Invece l’ombra lunga di Trump che non molla la presa sul partito rischia di rendere la strada in salita.

In un’ottica di lungo termine, con le elezioni del 2024 che si avvicinano, McConnell punta a ricompattare il partito, evitare le distrazioni causate dal tycoon e riconquistare il Congresso per poi marciare verso la Casa Bianca. Ma molti nel partito conservatore guardano più al breve termine e alla loro riconferma al potere a novembre, per la quale sono convinti di avere bisogno dell’appoggio di Trump che per questo non vogliono tradire.

Crepe nel fronte pro-Trump

Da qui i due diversi schieramenti che si riflettono anche nelle opposte posizioni sulla decisione del Comitato nazionale del partito di censurare la deputata Liz Cheney e il collega Adam Kinzinger per il loro coinvolgimento nei lavori della commissione di indagine sul 6 gennaio, che porta il marchio della speaker democratica, Nancy Pelosi.

Il fronte pro-Trump dei conservatori era fino a pochi mesi fa abbastanza compatto. Nelle ultime settimane però delle crepe stanno emergendo. Una l’ha aperta l’ex vicepresidente Mike Pence, uno dei papabili aspiranti alla Casa Bianca nel 2024, che ha respinto la teoria cavalcata dal tycoon sulla sua occasione persa di non certificare le elezioni. Quella aperta da McConnell è però forse ancora più significativa: le sue parole possono infatti fare da scudo ai repubblicani finora timidi nel prendere una posizione sul 6 gennaio perché impauriti dall’ira dell’ex presidente. E quindi potrebbe potenzialmente indebolire in modo deciso la frangia pro-Trump, numerosa anche per il silenzio-assenso forzato di molti.

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