Estero

I talebani chiedono il riconoscimento ai Paesi musulmani

Mentre l’Afghanistan sprofonda nel baratro economico, i nuovi governanti cercano una normalizzazione delle relazioni internazionali

Il primo ministro Mohammad Hasan Akhund
(Keystone)
19 gennaio 2022
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L’Afghanistan dei talebani sprofonda sempre di più nel baratro del disastro economico, con la disoccupazione che dilaga, e i mullah lanciano un estremo appello ai Paesi musulmani perché riconoscano il governo dei nuovi padroni di Kabul, aprendo la strada a una normalizzazione delle relazioni internazionali e a nuove possibilità di sviluppo.

“Chiedo ai Paesi musulmani di assumere un ruolo guida e riconoscerci ufficialmente - ha detto il premier Mohammad Hassan Akhund durante una conferenza tenuta a Kabul sulla crisi economica del Paese - Quindi spero che saremo in grado di svilupparci rapidamente”.

Il messaggio, anche se Akhund non lo ha esplicitato, sembra essere rivolto principalmente alle tre nazioni che negli anni ’90 riconobbero il governo talebano, Pakistan, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. I talebani hanno un obiettivo più concreto e urgente rispetto a quello del riconoscimento diplomatico: lo scongelamento dei centinaia di milioni di dollari in asset bloccati all’estero, in particolare negli Stati Uniti.

I Paesi della Conferenza islamica, riuniti a inizio mese, hanno promesso l’impegno ad attivarsi a livello internazionale in questo senso, pur escludendo il rappresentante talebano presente dalla foto di gruppo di rito.

La comunità internazionale condiziona un possibile scongelamento dei fondi soprattutto alla formula di governo, che si vorrebbe inclusiva, e ai diritti umani in particolare quelli delle donne. Argomenti ai quali i talebani sono sordi: il governo “non sacrificherà l’indipendenza dell’economia per piegarsi alle condizioni dei donatori”, ha detto il vicepremier Abdul Salam Hanafi.

La situazione drammatica nel Paese è stata fotografata dall’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo): fino a 900mila i posti di lavoro persi dalla conquista talebana di Kabul. E chi lavora, spesso, non viene pagato. Tra loro soprattutto le donne, è tornata a denunciare Human Rights Watch in uno studio dettagliato che ha preso in esame la provincia di Ghazni, nel sudest afghano.

Aggressioni, minacce, un diffuso senso di ansia e paura che pervade migliaia di donne. “Le imposizioni dei talebani hanno trasformato donne e ragazze in prigioniere virtuali murate in casa, togliendo al Paese una delle sue più preziose risorse”, sottolinea Heather Barr, di Hrw.

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