Strappo a Capodanno, con un tentativo di far passare sottotraccia un documento che considera il nucleare come energia green. La Germania si oppone.
Il tentativo di farla passare sottotraccia, pubblicandola a una manciata di ore dal Capodanno, non è servito. Come previsto, la bozza dell’atto delegato di Bruxelles per includere il nucleare e il gas tra le fonti energetiche green apre il primo feroce scontro politico dell’anno in Europa. E la Commissione Ue si trova ora alle prese con il fronte dei contrari all’atomo, guidato dalla Germania, pronti a trascinarla in tribunale. Ma anche con possibili ripercussioni interne tra i favorevoli - anche se non apertamente - alla proposta. Come l’Italia, dove il dibattito si è subito infiammato: da una parte Matteo Salvini a invocare un referendum sul nucleare e dall’altra il M5S a ribadire che l’atomo è “vetusto” e “sponsorizzarlo come la soluzione di tutti i problemi dell’Italia è semplicemente scriteriato”.
Stretta tra le richieste diametralmente opposte dell’asse franco-tedesco, con Parigi decisa a non rinunciare al nucleare e Berlino impegnata a dismettere le sue centrali, nel tardo pomeriggio di venerdì 31 dicembre, Bruxelles ha inviato ai governi la sua classificazione degli investimenti verdi che prevede una patente di sostenibilità per il gas naturale e l’energia dell’atomo, anche se condizionata e a tempo. Una decisione favorevole per la Francia, che genera circa i due terzi della sua energia elettrica tramite i suoi reattori e che, per garantirsi l’ok al nucleare, aveva stretto un patto con i Paesi dell’est, ammettendo che il gas naturale potesse essere considerato verde, anche se in transizione. Cosa che, anche se mai esplicitata, interessava anche l’Italia. Ma sul fronte del nucleare la decisione, anche per i modi e le tempistiche, ha fatto infuriare le capitali germanofone e le ong ambientaliste, secondo le quali si tratta di un vero e proprio atto di greenwashing e una potenziale truffa per gli investitori di bond verdi.
Dopo l’immediato parere contrario della ministra dell’Ambiente tedesca, la verde Steffi Lemke, che ha bollato la decisione come “assolutamente sbagliata“, il portavoce del governo di Olaf Scholz ha assicurato che la contrarietà all’atomo nella coalizione è "unanime", mentre c’è assenso sul gas. Se per il momento Berlino non intende fare ricorso, Vienna e Lussemburgo sono invece pronte a fare causa a Bruxelles. E anche per Greenpeace inserire il nucleare e il gas nella tassonomia “sarebbe un duro colpo all’impegno europeo per il clima e per l’ambiente” a causa delle scorie radioattive dell’una e delle emissioni di gas serra dell’altra. L’ong tira in ballo anche i costi dell’atomo: con il referendum del 2011 che bloccò il ritorno del nucleare in Italia è stata evitata "una catastrofe economica”, spiega, adducendo che "secondo la Corte dei Conti francese, l’unico reattore Epr tuttora in costruzione in Francia avrà un costo totale di oltre 19 miliardi di euro contro i 3,3 previsti”.
A palazzo Berlaymont, pur ammettendo di conoscere i limiti della scelta, ne difendono l’approccio pragmatico. Ora la consultazione con gli Stati membri continuerà fino al 12 gennaio. Poi la Commissione adotterà formalmente l’atto, ma serviranno comunque dai quattro ai sei mesi per il via libera finale. Che dovrà passare sotto la lente, oltre che degli stessi Stati membri chiamati a esprimersi a maggioranza rafforzata, anche del Parlamento europeo. Che invece potrà approvare - o respingere - il testo a maggioranza semplice. Se il gruppo più numeroso, quello dei Popolari, si è detto favorevole, Europa Verde darà battaglia. E, per bocca della sua co-portavoce nazionale Eleonora Evi, ha già espresso “un profondo senso di delusione” anche e soprattutto per la posizione dell’Italia e del ministro Cingolani, colpevole di “un accordo sotto banco con la Francia”. Resta il fatto che a guidare i negoziati sarà comunque proprio Parigi, che il primo gennaio ha assunto la presidenza di turno del Consiglio Ue: il primo scontro dell’anno in Ue è solo all’inizio.